mercoledì 22 luglio 2015

Fisica Quantistica - Il concetto di Risonanza - Emilio del Giudice

Quantum Physics - The concept of resonance - Emilio del Giudice
Квантовая физика - понятие резонанса - Эмилио дель Giudice
量子物理学 - 共振的概念 - 埃米利奥·德尔GIUDICE










lunedì 20 luglio 2015

I probiotici influiscono sulla mente e l’umore

Probiotics affect the mind and mood
Пробиотики влияют на ум и настроение
益生菌影响心态和情绪


È notizia recente che i probiotici vengano chiamati psicobiotici, perché in grado di dare una sferzata di energia al tuo cervello, migliorandone la salute mentale. Un articolo pubblicato online in Biological Psych­iatry nel giugno del 2013, recita: “i probiotici sono degli organismi viventi che, se ingeriti in ammontare adeguato, sono in grado di produrre effetti benefici per la salute, in pazienti affetti da malattie psichiatriche”, come ad esempio la depressione, e altri disordini legati allo stress.
Cosa sono i probiotici
Sono batteri dello stesso tipo di quelli che abitano normalmente nel nostro intestino e che costituiscono la naturale flora “buona” intestinale. Questi prodotti possono includere una o più specie di batteri, più spesso Lactobacilli e/o Bifidobacterium per lo più in associazione con altri batteri, componenti della normale flora intestinale o, meno frequentemente, con lieviti come il Saccaromyces.

Nel nostro corpo sono presenti batteri o lieviti per aiutare la salute totale del nostro organismo. Considerati che ci sono più batteri che cellule nel corpo! Un’alimentazione a base di cibi crudi, come frutta e verdura, grazie ai loro enzimi, ai loro fermenti, alla loro flora batterica di appartenenza, che viene apportata al corpo umano, lo rinvigorisce, rafforza ed equilibra.
La decadenza dei probiotici
Nel colon vi è una notevole flora batterica, pesante da 1 a 2 kg circa. Può essere soggetta a modificazioni che la rendono molto pericolosa per la salute. Quando la flora è equilibrata vi è una condizione di salute che prende il nome di “eubiosi”. Quando, invece, appaiono dei batteri non desiderati, l’equilibrio si altera e viene a crearsi la “disbiosi intestinale” con ripercussioni su tutto l’organismo.

I bambini hanno una elevata quantità di batteri probiotici che diminuisce in maniera vistosa per azione di stress, antibiotici, malattie, invecchiamento ed altre cause. come il poco movimento, l’inquinamento ambientale, un’alimentazione sbilanciata, assai ricca di zuccheri, di alimenti raffinati e additivi chimici, e nel contempo, povera di elementi importanti, come fibre, vitamine e sali minerali. A tutto questo si deve aggiungere lo stress, concausa di alterazione alle pareti intestinali, per contrazione eccessiva o insufficiente. Questa condizione, non solo causa un accumulo di scorie e l’aumento delle incrostazioni fecali, ma danneggia pesantemente la flora batterica, rallentando i processi biologici propri dell’intestino.
Alimentazione non consapevole, polipi e tumori
Un’alimentazione non consapevole (troppi zuccheri e proteine, errato accostamento dei cibi, poca e cattiva masticazione), pasti ingeriti in fretta, uso di lassativi, antiacidi, antibiotici, creano un prodotto della digestione (bolo) carico di proteine mal digerite e di altre sostanze anomale, che predispongono allo sviluppo di varie sostanze tossiche e batteri della putrefazione, entrambi molto dannosi. Tutto questo, purtroppo, trova riscontro nel forte aumento statistico delle patologie gravi del colon, tra cui troviamo diverticoli, polipi, rettocolite ulcerosa, tumori.

Probiotici influiscono sul cervello
Il professor John Cryan dell’University College Cork e il suo team hanno scoperto inoltre che i probiotici apportano benefici riducendo l’ansia, la depressione e lo stress. Questi risultati evidenziano l’importanza del ruolo dei batteri nella comunicazione tra l’intestino e il cervello, e suggeriscono che alcuni organismi probiotici possono rivelarsi utili in disturbi legati allo stress.

Un altro studio condotto dall’ UCLA (University of CaliforniaLos Angeles), dimostra come mutando l’ambiente batterico dell’intestino si può condizionare l’attività cerebrale.
Probiotici e infenzioni
L’integrazione con probiotici riduce la durata delle infezioni respiratorie alte, come ad esempio il raffreddore, negli studenti. Lo dice uno studio inglese condotto all’Università del New Jersey e pubblicato su British Journal of Nutrition. La ricerca ha preso in esame 198 studenti di college che vivono nelle residenze universitarie presso l’Università statale di Framingham. Lo studio dimostra che l’assunzione regolare di probiotici influisce sulla durata e sulla severità dei sintomi nei giovani che hanno avuto infezioni delle vie respiratorie alte. La durata media degli episodi infettivi è risultata significativamente ridotta  fino a due giorni e l’intensità dei sintomi è risultata più bassa fino al 34 per cento in quanti hanno assunto probiotici rispetto ai pari età di controllo.

I benefici per il colon e l’apparato intestinale
I probiotici possono alleviare i sintomi della sindrome del colon irritabile e  favorire i giusti equilibri intestinali. Aiutano, infatti, a prevenire  gonfiori intestinali e stitichezza. Sono stati pubblicati oltre 30 trial clinici randomizzati e controllati sull’efficacia dei probiotici nella sindrome del colon irritabile e quattro meta-analisi sistematiche ne hanno valutato i risultati.

Aggiungendo probiotici alla nostra alimentazione aiutiamo il sistema immunitario rimanere forte, prevenire disturbi digestivi, combattere le infezioni, raffreddori e influenze in modo più efficace e anche possiamo regolare l’ umore.
In verità una corretta alimentazione prevelentemente vegetale e cruda e un’attitudine mentale sana non hanno bisogno di integratori perché il corpo ha tutto quello di cui ha bisogno e non è sotto sforzo per compensare processi digestivi squilibrati. Tuttavia se stress, alimentazione errrata, cattiva masticazione e vari disturbi sono presenti allora integrare con dei probiotici mentre si riprende mano alla propria vita sarà sicuramente benefico.

venerdì 10 luglio 2015

I funghi al posto dei pesticidi, quest’uomo potrebbe distruggere la Monsanto!!!

The mushrooms instead of pesticides, this man could destroy Monsanto !!!
Грибы вместо пестицидов, этот человек может разрушить Monsanto !!!
蘑菇代替农药,这名男子可能破坏孟山都公司!

Si annuncia una rivoluzione nel settore dei pesticidi: alcuni funghi naturali sono perfettamente in grado di compiere la stessa funzione dei preparati chimici.

 I funghi al posto dei pesticidi, una rivoluzione
Sostituire i pesticidi con i funghi è stata l’idea fissa di Paul Stamets, noto biologo americano, per molti anni e cioè da quando, nel 2006, presentò un brevetto che avrebbe potuto rivoluzionare l’agricoltura globale a scapito delle  tentacolari industrie multinazionale di pesticidi, brevetto che però, fu dimenticato.
La scoperta restò una spina nel fianco della gigante Monsanto per oltre un decennio, fino a quando, il mese scorso ricomparve, spinto da molti sostenitori e da varie collaborazioni.
La scoperta principale si riferisce ad alcuni funghi patogeni i quali, attraverso un processo biologico complesso, divorano nel senso vero del termine gli insetti tanto odiati in agricoltura. Un semplice test sulle formiche ha permesso di provare l’efficacia del biopesticida di Stamets, in grado di “mummificare” le cavie senza difficoltà alcuna. Il brevetto, depositato da tempo ed avente un raggio di azione che comprende 200.000 specie di insetti, può senza ombra di dubbio competere con l’industria dei pesticidi.
“Una tecnologia dirompente”
“Questa scoperta potrebbe rinnovare completamente l’industria dei pesticidi di tutto il mondo”, ha affermato lo scienziato in un convegno nazionale di medicina naturale a Portland. Preoccupato per la salute del suolo, egli si è compiaciuto per l’occasione di poter decontaminare gli ambienti inquinati da pesticidi tradizionali (il più famoso è il “Roundup” della Monsanto) e si è detto certo che la diffusione di questa tecnologia tutta naturale, potrebbe causare una vera e propria rivoluzione nel settore.
Il rovescio della medaglia
Il ricercatore stesso ammette che questa è “la tecnologia più dirompente (…) che abbia mai sperimentato”, ma anche che non porterebbe, finanziariamente parlando, profitti succosi: la produzione dei pesticidi della Monsanto ha generato, solo nel 2012, un fatturato di 13,5 miliardi dollari l’anno.

Fonte: Lefigaro 

martedì 7 luglio 2015

L’IPOTESI DELL’EREDITA’ GENETICA DEGLI DEI: L’INCREDIBILE STORIA DEL GENERE UMANO

The hypothesis of the genetic inheritance of the Gods: the amazing story of the human race
Гипотеза о генетической наследственности Богов: удивительная история человечества
神的基因遗传的假设:人类的神奇故事



Man mano che il progresso scientifico avanza e nuove scoperte vengono divulgate, più si va a delineare un quadro che noi appassionati di paleoarcheologia abbiamo da sempre teorizzato: un intervento ‘esterno’ quale punto di partenza dell’incredibile storia del genere umano.

Ma partiamo dall’alba della comparsa dell’Homo Sapiens, circa 300.000 anni fa in Africa, secondo le teorie antropologiche tradizionali. A quel tempo il precedente esemplare, l'Homo Erectus, è presente sul pianeta già da più di un milione e mezzo di anni e possiede una capacità cranica maggiore rispetto all'Homo Habilis

L'Homo Erectus avrebbe avuto una notevole somiglianza con gli esseri umani moderni, ma aveva un cervello di dimensioni corrispondenti a circa il 75% di quello dell'Homo Sapiens. Il modello paleoantropologico dominante descrive l’Homo Erectus inoltre come capace di usare rudimentali strumenti.

A un certo punto avviene qualcosa di rivoluzionario, la massa cerebrale aumenta del 30%, acquisisce capacità di articolare un linguaggio, modifica la propria biologia ormonale, … insomma l’Erectus si evolve in Homo Sapiens e poi successivamente circa 30.000 anni fa in Sapiens Sapiens e come descritto in figura, attraverso una serie di fasi migratorie i Sapiens vanno a popolare l’intero pianeta.


Ciò rappresenta una singolare unicità nel modello evolutivo descritto nel volume “L’origine delle specie” di Darwin nel 1859 in quanto nessuna altra specie animale presente sul pianeta ha seguito un percorso evolutivo così rapido ed eccezionale. 

Per esempio il cavallo in 55 milioni di anni ha modificato leggermente (e sottolineo leggermente) la propria struttura fisica, il proprio volume cerebrale e di conseguenza le proprie ‘abilità’, come può l’uomo in un periodo dieci volte inferiore aver modificato drasticamente la propria struttura, aumentato notevolmente il proprio volume cerebrale e di conseguenza le proprie capacità di modificare l’ambiente esterno a proprio favore? Così come il cavallo pensiamo a tutti gli altri primati, uguali a loro stessi da milioni di anni – tutti eccetto l’uomo.

Precisiamo che qui non si vuole smentire o disarticolare i postulati della teoria evolutiva Darwiniana ovvero:

1. tutti gli organismi viventi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e l'ambiente messo loro a disposizione.

2. tra gli individui della stessa specie esiste un'ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di più chiari e di più scuri, e così via.

3. esiste una lotta continua per la sopravvivenza all'interno della stessa specie e anche all'esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.

Infatti ritengo la stessa perfettamente idonea a illustrare l’evoluzione del 99,99% delle specie viventi sul pianeta (e non solo sul pianeta), dai più piccoli batteri ai più grandi vertebrati. Solo non è sufficiente da sola a spiegare il cammino evolutivo di quell’unica razza ‘anomala’ del pianeta: la razza umana.

La risposta ai dubbi che l’antropologia non è in grado di fornire ci arrivano forse dalle più recenti ricerche sui gruppi sanguigni e sulle altrettanto importanti scoperte in ambito genetico. 

Il confronto tra il nostro genoma e quello degli scimpanzè sta rivelando quali sono le sequenze del DNA che sono esclusive degli esseri umani. Da un articolo di Katherine S. Pollard “Che cosa ci rende umani”, scritto per la rivista Le Scienze dell'agosto 2009.

Lo scimpanzè è il nostro parente vivente più prossimo, con cui condividiamo quasi il 99 per cento del DNA. Gli studi per identificare le regioni del genoma umano che sono cambiate di più da quando gli scimpanzè e gli esseri umani si sono separati da un antenato comune hanno contribuito a mettere in evidenza le sequenze del DNA che ci rendono umani. I risultati hanno anche fornito importantissime conoscenze sulle profonde differenze che separano umani e scimpanzè, nonostante il progetto del DNA sia quasi identico. Per capire quali sono le caratteristiche genetiche specifiche del DNA umano rispetto a quello dello scimpanzè e degli altri primati, i ricercatori hanno decodificato il genoma di primati molto simili all’uomo, come scimpanzé e babbuino. 

La bioinformatica ha poi completato il quadro con uno studio elegantissimo: sono state analizzate nei tre genomi (uomo, scimpanzé e babbuino) tutte le regioni del DNA che presentano un’elevata similitudine nei mammiferi; tra queste aree, sono state identificate quelle che differivano maggiormente tra le tre specie. 

In pratica, una regione del DNA è importante se è presente nel maggior numero di animali; se però la sequenza del DNA di questa regione cambia in maniera significativa tra due specie molto simili ci sono ottime probabilità che questo cambiamento sia una delle cause della differenza tra le specie analizzate.

Al momento dell’analisi dei dati i gruppi americani responsabili della scoperta hanno trovato qualcosa di sorprendente: ciò che ci rende umani non sono nuovi geni comparsi nella nostra specie ma, al contrario, l’assenza di alcune sequenze del DNA che servono a regolare l’attività genica. 

I tratti di DNA che variano maggiormente nella nostra specie sono nelle vicinanze di geni coinvolti con le funzioni del sistema nervoso centrale: la loro assenza quindi provoca variazioni nelle funzioni cerebrali. L’altro gruppo di geni che mostra variazioni significative è coinvolto nella segnalazione ormonale ed, in particolare, con la funzione sessuale che evidentemente varia in maniera significativa tra l’uomo e gli altri primati.

La variazione più interessante però è la delezione di una sequenza di DNA vicina al gene GADD45G: questa regione è stata già da tempo correlata con l’espansione di particolari zone del cervello. L’assenza di questa sequenza di DNA è probabilmente la causa dell’ingrandimento di alcune aree del cervello e quindi della comparsa di nuove funzioni neurologiche.

L'evoluzione 'stile Darwin' aggiunge sequenze e cromosomi a quelle già esistenti per meglio adattare la specie all'ambiente. Una delezione è già di per sè inspiegabile senza voler prendere in considerazione la possibilità di un intervento 'esterno'.

Ma vediamo quali sono le sequenze principali che differiscono per via di modificazioni o, appunto, di inspiegabili delezioni di materiale genetico:

Sequenza HAR1
Il gene HAR1 (da "Human Accelerated Region 1"), è una sequenza di 118 basi nel DNA umano, scoperta nel 2004-2005, che si trova nel cromosoma 20.
Il gene HAR1 non codifica per alcuna proteina nota, ma per un nuovo tipo di RNA (simile al RNA messaggero). HAR1 è il primo esempio noto di sequenza codificante l'RNA dove si è avuta una selezione positiva. Il gene HAR1 viene espresso durante lo sviluppo embrionale e produce una migrazione neuronale indispensabile allo sviluppo di un cervello veramente umano. Alcuni sostengono che la sua velocissima evoluzione nell'essere umano (il pollo e lo scimpanzé differiscono per due basi, l'uomo e lo scimpanzé per 18 basi) contrasti con la teoria dell'evoluzione.

Sequenza HAR2
La sequenza HAR2 (nota anche come HACNS1), è un introne (potenziatore genico) presente nel cromosoma 2, e costituisce il secondo sito genomico con la più accelerata velocità di cambiamento rispetto a quella nei primati non umani. Induce lo sviluppo dei muscoli nell'eminenza tenar (muscolo opponente del pollice), che consente di afferrare e manipolare oggetti anche molto piccoli, oltre a quella grande e complessa quantità di ossicini, muscoli e tendini, presenti tra la mano e l'avambraccio, che dona alla mano una grande quantità di gradi libertà, oltre ad una buona precisione nei movimenti.

Sequenza AMY1
Il gene AMY1 codifica per una enzima, l'amilasi salivare, che permette una migliore digestione dell'amido. Si ipotizza l'aumento della sua prevalenza nelle popolazioni che cominciarono a praticare l'agricoltura (avena, farro, frumento, mais, patate, riso, segale, ecc.), e che in questo modo riuscirono a sfruttare meglio non soltanto la terra arata, ma anche gli specifici alimenti (graminacee) che essa produceva.

Sequenza MAD1L1
La sequenza MAD1L1, nota anche come "Mad1" (oppure come HAR3, per il suo accelerato tasso di cambiamento rispetto al DNA delle scimmie) agisce su proteine che permettono una più ordinata divisione del fuso mitotico, permettendo un minor tasso di errori nella divisione cellulare, dunque una migliore efficienza delle mitosi e delle meiosi, minore quantità di cellule da mandare in apoptosi ed infine una maggiore durata della vita, con meno tumori e in migliore salute.

Sequenza WNK1
Il gene WNK1 (noto anche come HAR5, presente nel braccio corto del cromosoma 12) codifica per un enzima, una tirosinasi del rene, che permette una migliore eliminazione del potassio da parte del rene, e allo stesso tempo, per meccanismi correlati al potenziale della membrana del neurone, consente una maggiore sensibilità e accuratezza di localizzazione da parte dei nervi sensitivi. Questo enzima, migliorando il "feed back" sensitivo, può avere contribuito ad aumentare la perizia nella fabbricazione di attrezzature, oggetti, vestiti, armi, ecc. Inoltre può aver favorito la destrezza nell'andatura, nella lotta e la grazia nella danza.

Sequenza FOXP2
Nel 2001 venne osservato all'Università di Oxford che persone con mutazioni del gene FOXP2 (altra sequenza genetica a cambiamento accelerato) sono incapaci di fare movimenti facciali fini e ad alta velocità che sono tipici del linguaggio umano. Questi pazienti mantengono inalterata la capacità di comprendere il linguaggio, dunque il deficit è puramente nervoso-motorio, nella fase di estrinsecazione del linguaggio. La mutazione del gene FOXP2 è condivisa dal Homo sapiens e dall'uomo di Neanderthal, ed in base a reperti paleontologici e ai dati di deriva genetica si può calcolare che questa mutazione sia avvenuta circa 500.000 anni fa. Dunque non è la sola ragione del grande sviluppo.
Sulla sequenza FOXP2 e sulla possibilità di un intervento alieno di manipolazione genetica della stessa in un lontano passato esiste un ulteriore prova riscontrata nell’esame del DNA del teschio dello ‘Starchild’ che come molti già sanno è un reperto ritrovato intorno al 1930 da una ragazzina di circa 13-15 anni in Messico, nel tunnel di una miniera a circa 160 km a sud-ovest da Chihuahua e successivamente affidato allo scienziato scrittore Lloyd Pye il quale da subito avanzò ipotesi controcorrenti sulla natura dello stesso avanzando una possibile origine aliena.

Le notizie più recenti che arrivano da Oltreoceano sembrano però aprire un capitolo nuovo e clamoroso. Un genetista del Progetto Starchild sarebbe riuscito ad estrarre dall’osso un frammento del gene FOXP2. Secondo le ultime teorie, questo gene contiene le istruzioni per sintetizzare una proteina fondamentale per la coordinazione tra i movimenti della bocca, gli organi di fonazione (come laringe e corde vocali) e gli impulsi elettrici inviati dal nostro cervello. Insomma, FOXP2 è indispensabile per lo sviluppo del linguaggio. E la sequenza trovata in Starchild non è uguale alla nostra.

Il risultato non è ancora definitivo e deve essere ancora confermato in un laboratorio indipendente. Ma se fosse proprio così, allora sarebbe la scoperta più dirompente della Storia, perchè saremmo di fronte alla dimostrazione che quella creatura non era del tutto umana o forse, non lo era per nulla. Una prova concreta, questa volta, e non confutabile: perchè il DNA è scienza, non opinione. Sembra che in Starchild il gene FOXP2 si differenzi dal nostro per ben 56 coppie di base.

Tornando alle delezioni cromosomiche certamente le delezioni genetiche possono avvenire anche in natura per: esposizione a radiazioni, attività retro-virali, errori di trascrittura del DNA, ma in questo caso certamente non forniscono vantaggi competitivi, anzi il più delle volte generano deficit, sindromi e malattie genetiche. 

Per questo a mio parere sono inspiegabili se le osserviamo dal punto di vista evolutivo. A titolo esemplificativo la medicina oggi riconosce le seguenti sindromi causate da delezioni di specifiche sequenze genetiche:
- delezione cromosoma 4 = sindrome di Wolf-Hirschhorn
- delezione cromosoma 7 = sindrome di Williams
- delezione cromosoma 18 = ritardo mentale
e purtroppo non rappresentano miglioramenti evolutivi, così come non sono noti casi di delezioni cromosomiche che consentano vantaggi alla specie umana così come invece viene citato dagli studi citati da K.Pollard.

Non dimentichiamoci poi della delezione del cromosoma y nella cui presenza il maschio portatore risulta impossibilitato a procreare. L’impossibilità di procreare è una caratteristica collegata all’ambito delle ibridazioni. Sappiamo per certo che il risultato di incroci tra razze, come ad esempio il mulo, frutto di un incrocio tra un cavallo e un asino non è in grado di generare una propria discendenza. 

Potrebbe essere la delezione del cromosoma y e la conseguente incapacità di procreare un retaggio derivante dalla nostra condizione originale di sapiens, quale risultato di una ibridazione tra il dna dell’homo erectus opportunamente modificato attraverso delezioni di particolari sequenze cromosomiche, magari con l’ausilio di tecnologia retrovirale, e DNA alieno? 

Ancora una volta ci vengono in aiuto la mitologia sumera, le interpretazioni del ricercatore indipendente Zacharia Sitchin e gli studi di mitologia accadica W.G.Lambert e A.R.Millard, Stephanie Dalley e Benjamin R.Foster che ci consentono oggi di potere leggere nell’epopea accadica di Athrasis “Inuma Ilu Awilum” (traducibile in “Quando gli dei erano come gli uomini”) scritta circa 1.700 anni prima di Cristo, una precisa descrizione del momento in cui gli Annunaki si ammutinano a causa del pesante lavoro a cui erano sottoposti sul pianeta Terra, rendendo necessaria quella ricerca scientifica che porterà alla creazione del genere Homo.

Ecco di seguito quanto riportato nell’antico testo sumero:
… quando gli dei erano come gli uomini sopportavano il lavoro e la dura fatica. La fatica degli dei era grande, il lavoro pesante e c’era molto dolore, … per 10 periodi sopportarono le fatiche, per 20 periodi … Eccessiva fu la loro fatica per 40 periodi,… lavoravano duramente notte e giorno. Si lamentavano e parlavano alle spalle. Brontolavano durante i lavori di scavo e dicevano: Incontriamo … il comandante, che ci sollevi dal nostro pesante lavoro. Spezziamo il giogo!...
Il giogo fu spezzato dopo che un Annunaki promosse la seguente soluzione, sempre narrata nell’Inuma Ilu Awilum:

…abbiamo fra di noi Ninmah, che è una Belet-ili, una Ninti (dea della nascita). Facciamole creare un Lulu (ibrido), facciamo che sia un Amelu (lavoratore) a sobbarcarsi le fatiche degli dei! Facciamole creare un Lulu Amelu, che sia lui a portare il giogo…

La narrazione prosegue con l’identificazione nell’Abzu (l’Africa) di una creatura adatta allo scopo, l’homo erectus, e che ciò che doveva essere fatto era “… imprimergli l’immagine degli dei…” usando le parole dell’epopea: effettuare un innesto genetico, se dovessimo utilizzare termini scientifici attuali.

Ma non è solo il mito sumero a descrivere un tale evento. Nella Bibbia leggiamo:
“:..E fu così che gli Elohim dissero, facciamo un Adamo a nostra immagine e somiglianza…” [Genesi 1,26]

Sempre gli studi incrociati tra genetica e antropologia ci consentono di arrivare alla determinazione di dove probabilmente è avvenuto il secondo grande salto evolutivo del genere homo: da Sapiens a Sapiens Sapiens, circa 30-40.000 anni fa.

Sappiamo infatti che Il DNA mitocondriale, viene trasmesso per via matrilineare, e permette di studiare a ritroso le origini, la diffusione e la migrazione delle popolazioni umane fin dall' origine della comparsa della nostra specie. Altrettanto i recenti studi sul DNA mitocondriale di diverse popolazioni autoctone, prime fra tutti quelli sui nativi americani, ha fornito scoperte sorprendenti, da sole in grado di destabilizzare l’antropologia ortodossa.

Questi studi hanno infatti dimostrato inequivocabili legami genetici tra popolazioni diverse, lontane e isolate al mondo come ad esempio i Baschi dei Pirenei, i Berberi del Marocco e i nativi nordamericani Irochesi. Questi gruppi così apparentemente diversi e divisi appartengono infatti incredibilmente al medesimo gruppo genetico, il misterioso aplogruppo X. 

Questi studi dimostrano allora migrazioni "impossibili" in piena Era Glaciale confermando invece quanto sostenuto da Cayce, nato del 1877 e vissuto decenni prima della stessa scoperta del DNA quando parlava proprio di quelle popolazioni, di cui all' epoca certo non si conosceva il legame genetico e che erano per tutti all' apparenza differenti e indipendenti, come di popolazioni legate da legami comuni, e che le evidenze sarebbero un giorno state scoperte. 

Cayce asseriva che si trattava degli ultimi rappresentati di una stirpe comune, e cioè quella dei superstiti di Atlantide, dispersisi nei due lati dell' Atlantico alla distruzione della loro patria.

Se poi aggiungiamo a ciò che queste popolazioni rappresentano anche una anomalia statistica nella distribuzione dei gruppi sanguigni possiamo giungere a una conclusione ancora più sorprendente.

E’ infatti noto in medicina la presenza di diversi gruppi sanguigni e del fattore rhesus nel sangue degli esseri umani, derivanti da particolari unioni di coppie genetiche e la cui osservazione è fondamentale per effettuare trasfusioni, trapianti e altre pratiche mediche. 

E’ infatti altrettanto risaputo che la capacità di donare e ricevere sangue è strettamente correlata al gruppo sanguigno del donatore/ricevente e al suo fattore rhesus come descritto nella tabella seguente da cui si evincono già le seguenti particolarità:
- il portatore del sangue gruppo zero può donare a tutti, ma può ricevere solo da altri gruppi zero
- il portatore del sangue gruppo AB può ricevere da tutti
- sangue Rh- può ricevere solo da Rh-


Ma cosa è il fattore RH?

Leggiamone la definizione medica tratta da Wikipedia: “Il fattore Rh o fattore Rhesus, si riferisce alla presenza di un antigene, in questo caso in una proteina, sulla superficie dei globuli rossi o eritrociti. un carattere ereditario e si trasmette come autosomico dominante. Se una persona possiede questo fattore si dice che il suo gruppo è Rh positivo (Rh+), se invece i suoi globuli rossi non lo presentano, il suo gruppo sanguigno viene definito Rh negativo (Rh-). Prende il nome dalla specie di primati Macaco Rhesus, sui globuli rossi del quale fu per la prima volta scoperta la presenza della proteina del fattore Rh”
Per cui avere un sangue RH- significa non avere questo particolare antigene. E’ importante saperlo in ambito medico in quanto un possessore di sangue RH- può ricevere soltanto RH-.

Statisticamente il fattore RH- è presente nel 15% della popolazione mondiale configurandosi come gruppo molto raro e ancora più raro è il gruppo sanguigno zero negativo, presente esclusivamente nel 6% dei casi. Questo poiché gli alleli che determinano i fenotipi descritti sono recessivi, per cui, esemplificando al massimo, deve essere presente una coppia di alleli Rh- per manifestare la caratteristica Rh-

Ecco allora che però nelle popolazioni di cui si parlava prima relativamente all’aplogruppo X abbiamo una anomalia statistica in quanto:
- nei nativi sudamericani si riscontra il 100% di sangue con il gruppo 0
- La popolazione basca è caratterizzata da un elevata media di persone con gruppo sanguigno 0-
- In Giappone gli Ainu manifestano caratteristiche geneticamente rare e simili a quelle portate dalle popolazioni dell’aplogruppo X
- La concentrazione di sangue di tipo 0 è maggiore nelle regioni che si affacciano sull'atlantico e dove sono presenti siti megalitici
- I nazisti credevano che il gruppo sanguigno 0- fosse il sangue degli dei
E guarda caso sono quelle stesse popolazioni che nei loro miti cosmogonici, sono andate a descrivere un processo di creazione delle loro civiltà da parte di divinità e un’età dell’oro precedente a un grande cataclisma.

Coincidenze?
- Rh+, deriva da antenati 'scimmia' (homo erectus), tanto è vero che il fattore rhesus è stato trovato nei macachi rhesus.
- Rh-, deriva da antenati 'antichi creatori' (Anunnaki/Elohim), tanto è vero che denota l'assenza del fattore rhesus

Forse che gli 'uomini famosi' citati nella Bibbia e i semi-dei della mitologia classica avessero tutti il sangue RH- e che poi, nel corso dei millenni, incrociandosi con esseri umani RH+ si sia perduto l'elemento divino del nostro DNA?


Le abductions potrebbero assumere un altra chiave di lettura, e avere l’obiettivo di studio da parte dei grigi della nostra biologia e della nostra genetica per creare loro volta una razza ibrida grigio-umana che permetta loro di acquisire quei vantaggi potenzialmente presenti nel nostro DNA per scopi a noi sconosciuti, ma che potrebbero essere ostili e che noi per un motivo o per un altro non siamo più oggi in grado di attivare, realizzando noi stessi quell’ulteriore salto evolutivo in Sapiens Sapiens Sapiens, o neoticus se preferite che ci consentirebbe di ritornare all’antica età dell’oro.

Se l’ipotesi sulle abductions rimane una mia personale ipotesi e intuizione è invece assolutamente reale che più la scienza scopre cose nuove, più queste nuove scoperte suffragano la tesi da me condivisa di manipolazioni genetiche in un lontano passato. 

Una possibile conclusione reale di queste ricerche è allora che il DNA alieno non sia per sua natura caratterizzato da sequenze genetiche specifiche determinanti la presenza di fattore RH nel sangue (RH-).

Il DNA dell'homo erectus (soggetto ibridabile) è invece caratterizzato da sequenze genetiche determinanti la presenza di fattore RH nel sangue così come molti altri primati (RH+) 

Provvedendo a manipolazioni genetiche sull'homo erectus vengono effettuate una serie di delezioni del genoma dell'homo erectus, tra cui anche quella sull'RH al fine di predisporlo sulla base di quello alieno e potere così procedere all'ibridazione genetica che produce i primi sapiens.

Ibridi che come tutti gli ibridi non possono procreare. E' solo successivamente che viene fornita loro la capacità di procreare da parte di una fazione di Anunnaki ben precisa, gli Enkiliti, in ciò che la Bibbia descrive come peccato originale e conseguente cacciata dall’Eden. 

Così facendo i sapiens, potendosi incrociare con i loro parenti più prossimi, reintroducono nel patrimonio genetico umano il fattore RH+ e altri elementi genetici dominanti su quelli ipotetici alieni, abbiamo visto recessivi, che determinano la perdita di alcune caratteristiche 'divine' come la longevità, la capacità di connessione con la propria area spiriutale-animica oltre che la capacità di interagire con le energie della natura di matrice alchemica. Tutte conoscenze invece note ai semi-dei probabilmente governatori di Atlantide e delle sue colonie disseminate sul pianeta.



mercoledì 1 luglio 2015

PURIFICARSI DALLA NICOTINA IN MODO NATURALE!

Purify ourselves from nicotine in a natural way!
Очищенная никотина естественным образом!
尼古丁提纯以自然的方式!


Fumare una sigaretta rilascia nicotina nel flusso sanguigno, piacevole per il fumatore ma difficile da eliminare. Per disintossicarsi da quella parte di nicotina di una sola sigaretta che abbandona il corpo, ci vogliono dalle sei alle otto ore e la maggior parte di essa viene espulsa attraverso l’urina. La parte che invece rimane immagazzinata richiede dalle 48 alle 72 ore; occorrono dai 20 ai 30 giorni affinché la cotinina, un sottoprodotto della nicotina, lasci il corpo.

Secondo diversi studi, se si mangia una maggiore quantità di frutta e verdura ricche di vitamina C, in grado di accelerare il metabolismo, la nicotina lascia il flusso sanguigno più velocemente. In particolare, è stato realizzato un sondaggio da alcuni ricercatori della sanità pubblica presso la University of Buffalo, condotto su 1000 fumatori dai 25 anni di età in su. Trascorsi 14 mesi, i ricercatori hanno verificato se i partecipanti si fossero astenuti dalle sigarette durante il mese precedente. Il risultato è stato che coloro che avevano mangiato per 30 giorni più frutta e verdura erano 3 volte più inclini ad espellere il tabacco rispetto a coloro che ne avevano consumata una quantità più esigua. Inoltre, i primi hanno ottenuto un punteggio migliore nel corso di un test di valutazione della dipendenza da nicotina, dimostrando di fumare meno frequentemente durante il giorno.
La ragione per cui le persone che consumavano più frutta e verdura riescono più facilmente a smettere di fumare sono le seguenti:
  • si sentono sazie (spesso i fumatori confondono la fame con il desiderio di sigarette)
  • si abbassa la sogli di dipendenza dalla nicotina
  • frutta e verdura rendono il sapore del tabacco ripugnante, a differenza di alcol, caffè e carne
  • uno stile di vita più sani migliora la possibilità che i fumatori rinuncino alle sigarette senza sforzi
I CIBI CHE COMBATTONO LA NICOTINA
  1. Acqua: idrata il corpo, mentre la nicotina lo disidrata. L’acqua stimola l’eliminazione della nicotina dal nostro sistema, poiché questa forma dei sali con degli acidi che di solito sono solidi e solubili in acqua.
  2. Ortaggi: melanzane, fagioli, cetrioli e sedano in particolare influenzano il sapore delle sigarette, diminuendo la dipendenza della nicotina. Meglio non consumare verdure troppo dolci, però, perché il loro livello di zuccheri è alto e questo potrebbe disturbare le aree del piacere nel cervello, aumentando come risultato il desiderio di fumare.
  3. Ortica: fornisce un’alta concentrazione di ferro, ottimo per combattere l’infezione.
  4. Kiwi: elimina la nicotina dal corpo e ripristina i livelli di vitamina A, C ed E, che portano a ridurre le sigarette.
  5. Tisana agli aghi di pino: usata da anni per disinfettare bocca e gola, è ottima anche per la salute dei polmoni.
  6. Arance: hanno elevati livelli di vitamina C, perciò integrano quella che si perde ogni volta che si fuma. Supportano anche la riduzione dello stress e accelerano il metabolismo, consentendo una più veloce rimozione della nicotina.
  7. Spinaci: hanno elevate quantità di vitamine e di acido folico, cosa eccellente per il corpo e utile a rendere ripugnante il sapore del tabacco.
  8. Broccoli: presentano una quantità elevata di vitamina B5 e C, integrando la vitamina C persa e proteggendo i polmoni dai danni delle tossine.
  9. Succo di carota: aiuta a rimuovere la nicotina grazie ai livelli elevati di vitamina A, B, C, e K. Visto che la nicotina danneggia anche la pelle, il succo di carota è in grado di ripararli.