venerdì 31 ottobre 2014

Le Piramidi di Teotihuacán, Giza e Xianyang

The Pyramids of Teotihuacan, Giza and Xianyang
Пирамиды Теотиуакана, Гиза и Xianyang
特奥蒂瓦坎,吉萨和咸阳的金字塔


Immagine 1
Immagine 2

Con i dati oggi in nostro possesso, è facile constatare ed è già stato dimostrato da diversi studiosi che quanto abilmente riportato in queste immagini, corrisponde a realtà (vedi Immagine 1).

Ingrandendo i punti di interesse, ci troviamo di fronte ad una situazione ancora più particolare, di cui la seguente immagine ne è una rappresentazione significativa (vedi Immagine 2). 

Sulla immagine 1 non ci sono dubbi e l’allineamento è facilmente constatabile da chiunque abbia accesso ad internet ed utilizzi un programma come Google Earth.

Sulla immagine 2, vi è maggiore difficoltà di riscontro senza mezzi informatici più specifici, ma per la seguente analisi statistica, basterà fare riferimento all’immagine 1. 

Ciò premesso, riporto 2 osservazioni lampanti e scientificamente valide per i tre complessi piramidali più importanti di Messico, Egitto e Cina, rispettivamente collocati nelle regioni note come Teotihuacán, Giza e Xianyang: 1) sono allineati lungo un’unica linea planetaria; 2) la loro disposizione sul piano è molto simile; Essendo le suddette 2 osservazioni state già oggetto di studi approfonditi da parte di studiosi molto più esperti di me, evito di entrare nel merito dei valori e delle dimostrazioni, lasciando al lettore l’onere ed il piacere di approfondire gli argomenti. Il mio obiettivo è invece quello di trattare statisticamente i dati a disposizione. 

Partiamo dall’osservazione n°1: qual è la probabilità che 3 popoli diversi in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, costruiscano per pura coincidenza, 3 complessi piramidali allineandoli lungo una linea planetaria? 

Per comodità dei lettori, riporto alcune semplici definizioni: a) Probabilità (classica) di un evento: il rapporto fra il numero dei casi favorevoli ed il numero dei casi possibili supposti tutti ugualmente possibili b) Coincidenza (Garzanti): concomitanza spesso casuale di più circostanze Per l’analisi statistica, dobbiamo definire l’estensione di un territorio (spazio campionario) come “insieme” delle probabilità dei luoghi di costruzione e dobbiamo individuare l’estensione spaziale del complesso piramidale. Quest’ultimo dato possiamo stabilirlo come il rettangolo che contiene le 3 piramidi principali di ogni sito (per brevità lo chiameremo “rettangolo contenente”). 

Ciò premesso, analizziamo i dati. L’estensione del territorio dominato dai costruttori, è noto solo per Giza, purtroppo. Anche in questo caso però, non possiamo ritenere idoneo alla costruzione del complesso piramidale il 100% del territorio dell’impero dell’Antico Regno (essendo presenti il Nilo, i rilievi, il deserto, etc.). Per semplificare la trattazione, assumiamo cautelativamente che solo il 10% del territorio presentasse caratteristiche idonee alla costruzione: pianeggiante e con sufficiente capacità di sopportare il carico delle piramidi.

Per quanto riguarda Giza, abbiamo i seguenti dati: 1) Estensione rettangolo contenente: circa 0,7 kmq (dato reale) 2) Estensione impero costruttori: circa 300.000 kmq (dato reale) 3) Estensione territorio idoneo: circa 30.000 kmq (ipotesi cautelativa) Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel kmq di territorio per costruire il complesso piramidale è pari a: 

Per Teotihuacan, l’archeologia ufficiale attribuiva la costruzione delle piramidi al popolo dei Toltechi, ma successivamente ha abbandonato questa ipotesi per abbracciarne altre non meglio definite. Quindi, data l’incertezza sulla data di costruzione e sul popolo che l’ha costruita, possiamo ipotizzare che i costruttori avessero a disposizione un territorio vasto almeno 100.000 volte l’estensione del complesso piramidale. È un’ipotesi molto conservativa, considerando la complessità, la maestosità e lo splendore di Teotihuacan, sarebbe infatti lecito pensare che i costruttori dominassero su un impero ben più vasto (come termine di confronto basti pensare all’estensione dell’impero Egizio al tempo della costruzione delle piramidi della piana di Giza, che è più del doppio). 

Semplificando i calcoli, abbiamo: 1) Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato reale) 2) Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa) 3) Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa) Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel punto del territorio per costruire il complesso piramidale è pari a: 

Per il complesso di Xianyang, i dati attualmente in nostro possesso sono veramente scarsi (per cause legate a divieti militari del governo cinese), quindi per non interrompere lo studio, prendiamo come riferimento il rettangolo contenente ed i dati ipotizzati per Teotihuacan (nell’attesa di poter definire almeno il rettangolo contenente con più precisione e magari anche l’estensione dell’impero dei costruttori): 1) Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato scelto per analogia con Teotihuacán) 2) Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa) 3) Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa) Pertanto la probabilità della coincidenza è:

Ovvero, la probabilità che Egizi, Precolombiani e Cinesi in 3 epoche diverse, in 3 continenti diversi, abbiano costruito per pura coincidenza, i 3 complessi piramidali di Teotihuacán, Giza e Xianyang allineandoli lungo quella particolare linea planetaria, è pari a circa 2 su 100.000.000.000 (leggasi “due su cento miliardi”).

C’è da fare un considerazione (Osservazione 1 bis) a commento di questo risultato: due siti generici sul pianeta Terra saranno sempre allineati su una linea planetaria. Quindi la vera coincidenza è data dal terzo sito che viene costruito sulla linea planetaria definita dagli altri due siti. Il calcolo quindi andrebbe fatto per il sito meno antico, ma siccome l’incertezza sulla datazione di Xian è troppo elevata, possiamo effettuare il calcolo per l’unico dei 3 siti per il quale abbiamo più dati a disposizione, ovvero Giza. Ciò premesso, la probabilità che gli Egizi scegliessero di costruire il complesso piramidale d Giza proprio in quel punto, allineandolo per pura coincidenza gli altri due siti piramidali di Teotihuacán, Giza e Xianyang vale:  2 probabilità su 100.000. 

Analizziamo ora l’osservazione n°2: partendo dalla probabilità di coincidenza sopradescritta, qual è la probabilità che i 3 popoli suddetti, in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, dopo aver allineato per pura coincidenza lungo linee planetarie parallele i 3 complessi piramidali, abbiano disposto le piramidi secondo una geometria simile? 

Le immagini parlano da sole, non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentarle, ma basta osservare che per i 3 siti piramidali vi è l’allineamento delle 2 piramidi maggiori ed il disallineamento della terza piramide, la più piccola. L’angolo di disallineamento tra la piramide più piccola e l’asse di allineamento delle altre due è lo stesso (precisione del decimo di grado) per i 3 siti piramidali. 

Nelle immagini compare la costellazione di Orione, ma non verrà considerata nello studio delle probabilità di coincidenza. Anche in questo caso, dobbiamo stabilire un criterio per determinare uno spazio campionario. Un criterio possibile è quello di suddividere il rettangolo contenente in una maglia quadrata con estensione di un ettometro quadrato (valore plausibile in considerazione delle dimensioni di base delle piramidi). Pertanto per Giza abbiamo 70 quadrati contenenti all’interno dei quali i costruttori avrebbero potuto collocare le proprie piramidi (per definizione un quadrato contiene la piramide quando il vertice della piramide coincide con il baricentro del quadrato). La prima piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a: La seconda piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a: La terza piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a: Pertanto la probabilità totale di disporre per pura coincidenza le Piramidi proprio secondo lo schema attuale è di: Ovvero ci sono 3 probabilità su un milione. 

Ripetendo i calcoli anche per Teotihuacán e Xianyang , otteniamo: La probabilità parziale per l’osservazione 2 vale: 0,00000000000000014% (Leggasi circa 1 probabilità su mille milioni di miliardi) 

La probabilità totale che si verifichi contemporaneamente l’osservazione 2 e l’osservazione 1 è la seguente: (Leggasi circa 3 probabilità su cento miliardi di miliardi di miliardi) 


Su questo dato, suggerisco esperimenti personali ai professori di egittologia che parlano di coincidenze: comprate un dado a 6 facce e lanciatelo su un tavolo piano facendolo rotolare. Non appena avrete raggiunto l’obiettivo di ottenere 6 volte di seguito un 6, avrete capito che la teoria classica è valida. In caso contrario, fatevi qualche domanda.

È doveroso evidenziare il fatto che non ho preso in considerazione l’immagine 2: infatti se avessi dovuto analizzare anche la probabilità che le singole piramidi di un sito sono allineate con le corrispettive degli altri 2 siti, allora credo che avrei avuto difficoltà anche solo a pronunciare il numero che rappresenta la probabilità di coincidenza totale.

A questo punto, il lettore esperto di statistica, o il lettore esperto di archeologia, potranno sollevare numerose obiezioni sulle ipotesi cautelative che ho dovuto fare per ottenere un valore di probabilità della coincidenza. Come per i miei precedenti 2 studi (http://unina.academia.edu/SimoneScottoDiCarlo ), sottolineo che il mio obiettivo è dare un ordine di grandezza al problema e non una soluzione precisa. 

Pertanto, variando i dati in ingresso e variando le ipotesi cautelative, si otterranno sempre e comunque dei valori di probabilità di coincidenza così piccoli da indurre a pensare che la teoria archeologica ufficiale è da rivedere. Oggi è insostenibile affermare con leggerezza che quanto sopra esposto sia solo una pura coincidenza: sono i numeri che mettono in forma matematica ciò che la logica e l’intuito suggeriscono da anni; vi è stata una scelta precisa e non casuale da parte dei costruttori a Teotihuacán, Giza e Xianyang di allineare i 3 siti piramidali lungo linee planetarie e di disporre le piramidi secondo geometrie simili. 

Negare questa verità oggi significa sostenere che la Terra è ancora al centro dell’Universo ed il Sole e le Stelle immutabili le girano intorno. Ma se si accetta questa verità, il passo successivo è scoprire chi e quando (e magari anche perché e come) ha scelto di costruire i 3 complessi piramidali in 3 continenti diversi in quel modo così particolare. 

Una sfida enorme, la cui complessità richiede lo sforzo di ricerca di tutti gli studiosi ufficiali e di tutti gli appassionati del settore. Collaborare per capire e scoprire, senza aggrapparsi ai “dogmi archeologici” che stanno oscurando una delle pagine più belle e più antiche della storia umana. Nota 1: cito tra tutti, il libro di Fabio Garuti “L’ombra di Orione”.
~~ di Simone Scotto di Carlo


ANTICO EGITTO E AMERICA PRECOLOMBIANA: COSÌ DISTANTI, EPPURE COSÌ SIMILI

Ancient Egyptian and Pre-Columbian America: so far away, yet so similar
Древняя египетская и доколумбовой Америки: так далеко, но так похожи
古埃及以及前哥伦布时期美洲:那么远,却又如此相似


Gli antichi egizi in Africa e le antiche culture pre-Inca e Inca in Sud America si sono sviluppate sui lati opposti del globo terrestre. Secondo le nostre conoscenze, le due culture non sono mai entrate in contatto tra loro, eppure condividono misteriosamente lo stesso sistema iconografico, l'architettura, il simbolismo, la mitologia e la religione. Gli studiosi di epoca vittoriana, di fronte a questo enigma, conclusero che entrambe le culture erano figlie di una civiltà madre precedente diffusa su tutto il pianeta: Atlantide.


Sono molte le analogie sconcertanti e irrisolte che collegano l’antico Egitto con le culture precolombiane, nonostante si siano sviluppate sui versanti opposti del pianeta, con un oceano nel mezzo.
Di fronte a questo enigma, gli studiosi di epoca vittoriana si convinsero che entrambe le culture avessero ereditato lo stesso sistema iconografico, simbolico, architettonico e religioso da una stessa ‘civiltà madre’ precedente, ormai perduta nel passato remoto della storia.
Ispirati dai racconti di Platone, i vittoriani chiamarono questa antica civiltà globale Atlantide, ipotesi che ben spiegava i paralleli tra l’Antico Egitto e le Civiltà Precolombiane.
Oggi, come è ben noto, l’establishment degli studiosi rifiuta con accesa ostilità l’ipotesi Atlantide, relegandola nel novero del mito e della leggenda, così che gli sconcertanti paralleli tra le due civiltà vengono semplicemente ignorati.
Grazie al lavoro di Richard Cassaro, il quale presenta una lunga carrellata di immagini che evidenziano le similitudini, offriamo alcune di quelle che a nostro avviso sono le più interessanti.
                            Piramidi
Entrambe le culture costruirono piramidi in pietra in diversi luoghi del territorio, allineandole con i punti cardinali. In entrambi i casi, i defunti vi venivano sepolti all’interno.

Mummie
Entrambe le culture praticavano la mummificazione dei loro defunti, simbolo della vita oltre la morte. Le mummie venivano custodite all’interno delle piramidi, spesso con offerte di cibo e oggetto personali. Entrambe le culture credevano nella vita dopo la morte.
Maschere funerarie d'oro

Entrambe le culture collocavano maschere d’oro sui defunti di alto rango, simboleggiando la nuova dignità acquisita entrando nell’eternità, l’altra parte del velo, la casa più alta nei cieli che è eterna e spirituale, a differenza della vita terrena che è temporanea e materiale.
Posizionamento preciso delle pietre

Entrambe le culture erano in grado di intagliare e posizionare la pietra con estrema precisione. Le costruzioni sono sorprendentemente simili.

Porte trapezoidali

Entrambe le culture realizzavano porte dalla forma trapezoidale, simbolo del progresso spirituale verso l’alto. Tale tipo di figura è presente in molte culture antiche. Inoltre, in entrambe le culture sono presenti serpenti simmetrici sull’architrave delle porte trapezoidale, forse per rappresentare l’idea di bilanciare le energie opposte, risultato ottenuto varcando la soglia del tempio.

Teschi allungati

Entrambe le culture praticavano l’enigmatico allungamento del cranio ai loro figli. Questa pratica apparentemente bizzarra è ancora oggetto di discussione da parte degli studiosi. Tuttavia, visto che è di difficile soluzione, si tende ad ignorarla.

Religione solare

Entrambe le culture hanno usato il simbolo solare come parte centrale del loro sistema religioso. In Egitto la divinità solare era Ra, in Perù era invece Inti. In entrambe le culture, la divinità solare rappresenta te stesso, la tua anima. Sei un eterno sole divino. Hai volontariamente voluto incarnarti nella materia, ma ora vivi un’amnesia che ti ha fatto dimenticare il tuo vero Sé spirituale: hai perso la strada di casa.

Animali simmetrici

Entrambe le culture hanno usato animali posizionati simmetricamente per evocare il potere del Terzo Occhio. Entrambe credevano possibile risvegliare l’occhio della mente, simbolo spirituale dell’illuminazione.



Architettura megalitica

Entrambe le culture hanno realizzato impressionanti costruzioni megalitiche, con pietre dal peso di centinaia di tonnellate perfettamente posizionate.

Divinità fluttuanti

Entrambe le culture hanno rappresentato misteriose divinità in grado di fluttuare in assenza di peso.



Nell’articolo di Richard Cassaro ci sono altri numerosi esempi di quanto siano profondamente simili queste due culture, nonostante non siano mai entrate in contatto tra loro. Gli studiosi vittoriani credevano che dopo la distruzione di Atlantide, due culture presenti sui versanti opposti del pianeta, ne avessero conservato la cultura e le tradizioni. Ma a quanto pare, l’archeologia convenzionale preferisce ignorare, piuttosto che indagare…!!!

SCIENZIATO DEL SETI: “POTREMMO TROVARE LA VITA ALIENA, MA I POLITICI NON VOGLIONO”

Scientist of SETI, "We could find alien life, but politicians do not want to."
Ученый из SETI, "Мы могли бы найти внеземной жизни, но политики не хотят, чтобы".
SETI的科学家,“我们能找到外星生命,但政治家不希望。”

È l'opinione di Seth Shostak, astronomo senior del Seti Institute. I dati suggeriscono che solo nella nostra galassia ci sono 40 miliardi di pianeti che possono ospitare la vita. Ma per trovarli sono necessarie apparecchiature sofisticate e costose. “Purtroppo, gran parte di questi strumenti è ancora sul tavolo da disegno e non nello spazio”, spiega il dottor Shostak.

La vita aliena, per il momento, può essere osservata solo in televisione e al cinema, invece che nello spazio.
Tuttavia, ci sono molti ricercatori che pensano che la vita nel cosmo sia dilagante. Essi pensano che la sua scoperta possa avvenire nell’arco di una generazione.
Questi scienziati sostengono che il loro punto di vista è supportato da fatti che erano sconosciuti ad una generazione fa. In particolare, grazie soprattutto alle osservazioni del telescopio spaziale Kepler della Nasa, ora è possibile affermare con certezza che l’universo è pieno di mondi abitabili.
Negli ultimi due decenni, sono stati scoperti migliaia di pianeti attorno ad altre stelle, con la scoperta di un nuovo pianeta al giorno. Ormai è chiaro che la maggior parte delle stelle è circondata da pianeti che le orbitano intorno, il che implica l’esistenza di almeno un trilione di questi piccoli corpi solo nella Via Lattea.
Un’analisi approfondita dei dati di Kepler suggerisce che ben uno su cinque di questi sistemi potrebbe contenere un pianeta simile alla Terra, con atmosfera e acqua liquida. In altre parole, la Via Lattea potrebbe ospitare miliardi di cugini della Terra.
Naturalmente, il fatto che siano così numerosi non significa che siano abitati. Ci sono tre modi per scoprirlo, e tutti dipendono da esperimenti sofisticati e costosi.
In primo luogo, bisogna trovare la vita nelle vicinanze del nostro pianeta, soprattutto nell’esplorazione di Marte. Finora, la maggior parte della ricerca è stata indiretta. Il compito dei rover, infatti, è stato quello di individuare i posti migliori per scavare e forse scoprire microbi fossilizzati o viventi sotto la superficie apparentemente sterile.
Ma questi non sono tentativi di trovare la vita, sono tentativi per trovare luoghi in cui potrebbe esserci la vita. Senza dubbio, Marte rimane la scommessa favorita per l’esobiologia, ma molti ricercatori preferiscono scommettere sulle lune di Saturno e Giove. Anche in questo caso, il tipo di vita che ci si aspetta di trovare è di tipo microscopico.
L’esplorazione di questi mondi potrebbe essere realizzato sia con semplici missioni finalizzate ad analizzare i flussi espulsi dai geyser naturali, sia con l’invio di sonde robotizzate equipaggiate con impianti di perforazione capaci di penetrare per dieci chilometri lo strato di ghiaccio che separa la superficie di Europa, una luna di Giove, dall’oceano liquido che si trova al di sotto.
Ma come scrive Seth Shostak su The Conversation, gran parte di questo hardware è ancora sul tavolo da disegno, non nello spazio. I progressi sono lenti, soprattutto perchè i finanziamenti sono minimi.
Un secondo sistema per trovare la vita nello spazio è quello di analizzare le atmosfere dei pianeti intorno alle stelle. Questo viene fatto attraverso una tecnica chiamata spettroscopia, grazie alla quale i ricercatori possono conoscere la composizione di un ambiente a molti anni luce di distanza.
Sebbene sia molto semplice descrivere un esperimento finalizzato a trovare ossigeno o metano su un altro mondo, nel concreto è un cosa molto difficile, perchè i pianeti sono poco luminosi e le stelle a cui orbitano intorno, al contrario, molto luminose.
Per risolvere il problema, si è pensato alla costruzione di telescopi giganti orbitanti capaci di bloccare la luce delle stelle. Si potrebbe costruire una cosa del genere in soli dieci anni, ma solo se ci sono i soldi sufficienti.

Il terzo approccio alla ricerca esobiologica guarda oltre i microbi, cercando di intercettare segnali radio o luci laser lampeggiati che indichino l’esistenza di intelligenza extraterrestre. Più antenne e ricevitori migliori potrebbe accelerare questa ricerca, ma ancora una volta, il finanziamento e il fattore limitante.
Basti pensare che il finanziamento in bilancio per il 2015 destinato alla Nasa per la scienza planetaria e astrofisica sarà pari a circa 1,8 miliardi di euro, cioè meno di un millesimo del totale del bilancio federale degli Stati Uniti. E certamente, le cose non vanno meglio nell’Unione Europea.
Così, tutto si riduce a questo: non sappiamo per certo se c’è vita nello spazio, ma le proprietà dell’universo certamente suggeriscono che questa idea è plausibile. Trovarla sarebbe straordinariamente emozionante, ma i governi, attualmente, preferiscono investire in armamenti e altre amenità. Dunque, è solo questione di volontà.


giovedì 30 ottobre 2014

UN UOMO RACCONTA LA SUA ESPERIENZA NELL’ALDILÀ DOPO ESSERE STATO TECNICAMENTE MORTO PER CIRCA UN ORA

A man talks about his experience in the afterlife after being technically dead for about an hour
Мужчина рассказывает о своем опыте в загробной жизни после того, как технически мертв около часа
在技术上死了大约一个小时后,一名男子谈论他在晚年体验

Questa è l'incredibile storia di un uomo americano ritornato in vita dopo essere tecnicamente morto per quasi un ora. Quando ormai i medici avevano interrotto ogni tentativo per rianimarlo, l'uomo ha scioccato tutti ritornando in vita. Ma ciò che più sconcerta è il racconto di ciò che ha visto dall'altra parte.

Brian Miller, 41 anni, è un camionista dell’Ohio. Mentre era intento ad aprire un contenitore, si è reso conto che c’era qualcosa che non andava.
L’uomo ha immediatamente chiamato la polizia. “Sono un autista di camion e penso che sto avendo un attacco di cuore”, ha detto all’operatore.
Miller è stato prelevato da un ambulanza e subito ricoverato in un ospedale locale dove i medici sono riusciti ad arginare l’attacco cardiaco.
Ma dopo aver ripreso conoscenza e sentire alleviare il dolore, l’uomo ha sviluppato una fibrillazione ventricolare, una aritmia cardiaca rapidissima, caotica che provoca contrazioni non coordinate del muscolo cardiaco dei ventricoli nel cuore. Il risultato è che la gittata cardiaca cessa completamente. La fibrillazione ventricolare è uno dei quattro tipi di arresto cardiaco.
“Non c’era battito cardiaco, non c’era pressione sanguigna e non c’era polso”, racconta l’infermiera Emily Bishop a fox8.com. I medici hanno cercato di rianimarlo, tentando per quattro volte di riportarlo in vita, ma Miller sembrava ormai senza speranza.
E’ a partire da questo momento che Miller ha raccontato di essere scivolato via in un mondo celeste. “L’unica cosa che mi ricordo è che ho cominciato a vedere la luce e a camminare verso di essa”, racconta Brian.
Si è ritrovato a percorrere un sentiero fiorito con una luce bianca all’orizzonte. Miller racconta che ad un tratto ha incontrato la sua matrigna, morta da poco tempo. “Era la cosa più bella che avessi mai visto e sembrava così felice”, racconta. “Mi ha preso il braccio e mi ha detto: «Non è ancora il tuo momento, tu non devi essere qui. Devi tornare indietro, ci sono cose che ancora devi fare»”.
Dopo 45 minuti, il cuore di Miller è tornato a battere dal nulla, ha detto la Bishop. “Il suo cervello è rimasto senza ossigeno per 45 minuti e il fatto che lui possa parlare, camminare e ridere è veramente incredibile”.
“Sono contento di essere tornato tra i vivi”, ha detto Miller. “Ora sono sicuro che la vita continua dopo la morte e la gente deve sapere e credere in essa, alla grande!”.
Come riporta messagetoeagle.com, quello vissuto da Miller è un fenomeno noto ai ricercatori che studiano le esperienze di premorte (NDE). Nella maggior parte dei casi, coloro che sperimentano le NDE cambiano per sempre, sviluppando una concezione più spirituale della vita e molto più serena. I soggetti non temono più la morte, spiegando che l’esperienza è diventata la pietra angolare della loro vita.
Qualche tempo fa, un’esperienza di premorte è stata in grado anche di convincere un neurochirurgo scettico. E’ il caso del dottor Eben Alexander, uno scienziato agnostico che dopo l’esperienza è diventato un convinto sostenitore della vita spirituale. [Leggi l'articolo di Alexander].
Nel 2008, il dottor Alexander è scivolato in coma per sette giorni. Quello che visse in quei gironi ha cambiato per sempre la sua concezione dell’esistenza. “Come neurochirurgo, non credevo nel fenomeno delle esperienze di pre-morte. Sono cresciuto in una cultura scientifica, essendo figlio di un neurochirurgo”, spiega Alexander.
“Non sono la prima persona ad aver scoperto che la coscienza umana esiste al di là del corpo. Brevi, meravigliosi scorci di questa realtà sono antichi come la storia umana. Ma per quanto ne so, nessuno prima di me ha viaggiato in questa dimensione con la corteccia completamente spenta e con il corpo sotto osservazione medica minuto per minuto e per sette giorni di seguito”.
Pur essendo in come, il dottor Alexander racconta di aver visto il paradiso, dove dice di aver incontrato una bellissima donna dagli occhi azzurri in un luogo fatto di nuvole e di esseri scintillanti. “Mi ci sono voluti mesi per venire a patti con quello che mi è successo”.
“So bene quanto sia straordinario e quanto suoni francamente incredibile. Se ai vecchi tempi qualcuno, anche un medico, mi avesse raccontato una storia del genere, sarei stato certo che era sotto l’incantesimo di una qualche delusione. Ma tutto questo era successo a me ed era reale, e forse più reale di ogni evento della mia vita. Quello che mi è successo esige una spiegazione”, conclude Alexander.

mercoledì 29 ottobre 2014

Cicoria, proprietà e benefici

Chicory, properties and benefits
Цикорий, свойства и преимущества
菊苣,性能和优点


Cicoria: nome di battesimo

Chichorium intybus, appartiene alla famiglia delle Composite.
Cicoria: dicono di lei
La cicoria è una pianta perenne. Ha un caratteristico sapore amarognolo, dovuto alla presenza di sostanze alcaloidi. In realtà, comunque, il sapore varia da cicoria a cicoria, perché ne esistono diverse tipologie, ognuna con una palatabilità diversa, più o meno amarognola.
Quando si acquista la cicoria, come per tutte le altre verdure a foglia, bisogna controllarne bene l’aspetto, per essere certi di portare a casa un prodotto fresco. Le foglie della cicoria devono apparire prive di lesioni e parti scure e non devono essere ingiallite.


Cicoria, alleata di

Intestino, fegato, cistifellea, pancreas, pelle, capelli.

Proprietà della cicoria

La cicoria stimola la concentrazione, aiuta a combattere la sonnolenza, ha potere lassativo, stimola l’attività di pancreas e fegato. Grazie alle sue proprietà aiuta a regolare la quantità di glucosio e di colesterolo nel sangue; è dunque un alimento particolarmente prezioso per chi soffre di diabete o colesterolo alto. 
La cicoria contiene cicorina, inulina, colina, tannino, amido, sali minerali e vitamine, tutte sostanze molto utili all’organismo, grazie alle quali questo vegetale vanta proprietà astringenti, toniche, disinfettanti e disintossicanti.
La cicoria, inoltre, favorisce il funzionamento della cistifellea e dei reni e stimola la digestione.
Gli impacchi fatti con il decotto di cicoria aiutano a lenire le irritazioni cutanee.
La cicoria, infine, è considerata un vero toccasana per l’acne.


Sapevate che

  • Nel periodo napoleonico, in Francia, la radice della cicoria veniva usata come surrogato del caffé; abitudine che venne presto diffusa anche in Inghilterra e Stati Uniti.
  • Secondo una credenza popolare la cicoria, soprattutto quella selvatica, sarebbe in grado di risvegliare l’eros. Sarebbe, infatti, un vasodilatatore naturale, capace di aumentare l’afflusso di sangue agli organi sessuali maschili.

Una ricetta nella manica

La cicoria, in base anche alla varietà, si presta a diverse preparazioni. Per renderla più golosa si può preparare una torta salata alla cicoria.

Ingredienti per la base: 300 grammi di farina di semola di grano duro, 150 grammi di olio extravergine di oliva, circa 80/100 grammi di acqua a temperatura ambiente, un pizzico di sale, un pizzico di bicarbonato.

Ingredienti per il ripieno: cicoria, aglio, olio extravergine d’oliva, peperoncino, pomodorini, parmigiano, pan grattato.

Come preparare la base: mettere la farina sulla spianatoia e aprire un buco al centro, in cui versare l’olio. Impastare con la punta delle dita finché l'olio non sarà completamente assorbito dalla farina; l'impasto così ottenuto risulterà simile a tante briciole, dunque slegato. Versare quindi l'acqua, un po' per volta, continuando a impastare, fino a ottenere una palla di pasta compatta e abbastanza morbida. Avvolgere in un foglio di pellicola trasparente e conservare in frigo per circa trenta minuti. Nel frattempo, preparare il ripieno.

Come preparare il ripieno: dopo aver sbollentato e scolato la cicoria, farla saltare in padella con olio d’oliva, uno spicchio d’aglio, qualche pomodorino e il peperoncino. 
A questo punto, stendere la pasta e rivestire una teglia antiaderente. Versare il ripieno, spolverare con parmigiano e pan grattato. Cuocere in forno a 180 gradi per 30 minuti circa.



I 10 SEGRETI DI MACHU PICCHU, LA CITTÀ PERDUTA DEGLI INCA

The 10 Secrets of Machu Picchu the lost city of the Incas
В 10 секретов Мачу-Пикчу Потерянный город инков
10个秘密马丘比丘的失落的印加城市


Luglio 1911. Uno spettacolo straordinario si presenta agli occhi della spedizione peruviana dell'Università di Yale, guidata dall'esploratore Hiram Bingham: le rovine dell'antica città inca di Machu Picchu si mostravano in tutto il loro splendore.



Dopo aver letto le cronache del 16° e del 17° secolo che parlavano di città inca mai scoperte dai conquistadores spagnoli, dopo aver studiato le leggende locali, le vicende storiche e le caratteristiche fisiche della zona, Bingham riuscì faticosamente a raggiungere Machu Picchu e a procedere così all’opera di disboscamento, restauro e ricostruzione che ha reso l’aspetto del luogo come oggi possiamo vederlo.
A distanza di un secolo, Machu Picchu custodisce gelosamente ancora alcuni segreti. Gli archeologi sperano di fare luce su uno dei siti archeologi più misteriosi e importanti del nostro passato, nel tentativo di ricostruire l’enigmatico passato della nostra civiltà.

1. In realtà Machu Picchu non è la città perduta degli Inca

Quando Hiram Bingham si imbatté in Machu Picchu, in realtà era alla ricerca di un’altra città, nota come Vilcabamba. Si tratta della capitale nascosta nella quale fuggirono gli Inca dopo l’arrivo dei conquistadores spagnoli nel 1532.
Nel corso del tempo, Machu Picchu è diventata famosa come la leggendaria città perduta degli Inca. Bingham ha trascorso gran parte della sua vita sostenendo che Machu Picchu e Vilcabamba fossero la stessa cosa, una teoria smentita solo dopo la sua morte avvenuta nel 1956.
I ricercatori ritengono che Vilcabamba sia stata costruita nella giungla a circa 50 chilometri a ovest di Machu Picchu. Inoltre, una recente ricerca ha rivelato che Machu Picchu in fondo non è mai stata completamente dimenticata. Quando Bingham arrivò, infatti, vi trovò tre famiglie di contadini che vi vivevano stabilmente.

2. Edifici altamente antisismici

Le pietre degli edifici più importanti di tutto l’Impero Inca sono stati eretti senza l’utilizzo di malta. Le pietre sono state tagliate in modo così preciso, e incuneate così strettamente tra loro, che non è possibile inserire tra loro nemmeno un foglio di carta.
A parte gli ovvi benefici estetici, questo stile di costruzione presenta notevoli vantaggi ingegneristici. Il Perù è un paese altamente sismico e Machu Picchu è stato costruito sulla cima di due linee di faglia.
Quando si verifica un terremoto, gli esperti dicono che le pietre degli edifici Inca “ballano”! Cioè, esse rimbalzano seguendo il movimento del terremoto, per poi ricadere. Se gli Inca non avessero usato questo metodo di costruzione, Machu Picchu sarebbe crollata molto tempo fa.

3. Gran parte delle costruzioni più impressionanti sono invisibili

Sebbene gli Inca siano ricordati soprattutto per la bellezza architettonica dei loro edifici, i loro progetti di ingegneria civile sono talmente avanzati da lasciare sconcertati gli studiosi contemporanei. Soprattutto se si considera il fatto che abbiamo a che fare con una cultura che non utilizzava animali da tiro, attrezzi in ferro o ruote.
Il sito che vediamo oggi è stato realizzato in uno spazio tra due piccoli picchi montuosi, richiedendo lo spostamento di pietre e terra per creare un’area sufficientemente piatta. L’ingegnere Kenneth Wright ha stimato che il 60% delle costruzioni di Machu Picchi si trova sotto terra.
Gran parte della struttura è costituita da fondamenta profonde e da pietrisco utilizzato come drenaggio. Chiunque abbia visitato Machu Picchu nella stagione delle piogge può testimoniare che la città Inca è soggetta a ingenti precipitazioni. Eppure, mai nessuno ha visto un allagamento.

4. Il vecchio sentiero che conduce alle rovine esiste ancora

Machu Picchu è raggiungibile facilmente grazie a varie tipologie di mezzi di trasporto, ma il loro costo è tutt’altro che a buon mercato. Il viaggio in autobus, andata e ritorno, per raggiungere le rovine costa intorno ai 20$.
Tuttavia, gli amanti del trekking possono raggiungere la città Inca grazie al ripido sentiero percorso nel 1911 da Hiram Bingham, godendo la spettacolare vista che impressionò l’esploratore quando vi giunse per la prima volta. La salita è abbastanza faticosa e dura circa 90 minuti.

5. Il grande museo nascosto che nessuno visita!

Sebbene siano presenti i tipici segnali esplicativi dei parchi naturali, una delle cose più strane di Machu Picchu è che non esistono informazioni sulle rovine per i visitatori.
Le uniche informazioni reperibili sono offerte dall’eccellente Museo de Sitio Manuel Chavez Ballon, nel quale vengono fornite tutte le spiegazioni su come e perchè Machu Picchu sia stata costruita. Però, bisogna prima trovarlo.
Il museo, infatti, si trova nascosto alla fine di una lunga strada sterrata nei pressi delle rovine, a circa 30 minuti di cammino dalla città di Aguas Calientes.

6. Esiste una vetta da scalare

Molto prima del sorgere del sole, orde di visitatori entusiasti fanno la fila davanti alla biglietteria degli autobus di Aguas Calientes, sperando di essere tra i primi ad entrare nel sito. Perchè?
Solo le prime 400 persone che si iscrivono possono visitare la vetta di Huayna Picchu, un piccolo picco verde a forma di corno di rinoceronte che appare sullo sfondo di molte foto di Machu Picchu.
La vista che si gode a 1640 metri d’altezza è mozzafiato: il fiume Urubamba sembra avvolgersi intorno a Machu Picchu come un serpente. A detta dei visitatori, vale la pena svegliarsi presto per essere tra i fortunati ammessi alla vetta.

7. Esiste un tempio segreto

I fortunati scalatori di Huayna Picchu hanno anche la possibilità di visitare un monumento sconosciuto ai più: il Tempio della Luna.
Seguendo un piccolo sentiero sul lato opposto della vetta, si raggiunge un santuario cerimoniale costruito in una grotta rivestita di magnifiche pietre, ricca di nicchie che un tempo, probabilmente, erano utilizzate per contenere le mummie.

8. Ci sono ancora cose da trovare.

Visitando il sito di Machu Picchu è possibile notare dei piccoli sentieri occasionali che si diramano nel fitto fogliame della foresta. Dove vanno? Nessuno lo sa, dato che non ci sono state ulteriori esplorazioni negli ultimi anni.
La foresta pluviale cresce rapidamente e possono esistere decine di sentieri ancora da individuare, i quali potrebbero condurre a rovine sconosciute nelle vicinanze. Non si esclude che nuove spedizioni possano essere organizzate nei prossimi anni.

9. Allineamenti naturali

Fin da quando Hiram Bingham giunse a Machu Picchu nel 1911, tutti i visitatori hanno compreso che la cornice naturale del sito è importante come per gli edifici stessi. Ricerche recenti hanno dimostrato che la posizione del sito, e l’orientamento delle sue strutture più importanti, sono stati fortemente influenzati dalla posizione delle vicine montagne ritenute sacre.
Una pietra a forma di freccia in cima alla vetta di Huayna Picchu sembra puntare verso sud, direttamente verso il famoso Intihuatana Stone sul Monte Salcanty, una delle montagne sacre più venerate dalla cosmologia Inca. Inoltre, riferendosi al calendario Inca, il Sole può essere visto sorgere o tramontare dietro altri picchi significativi.

10. La meta di un pellegrinaggio

Una nuova teoria proposta dall’archeoastronomo italiano Giulio Magni suggerisce che il viaggio da Cuzco verso Machu Picchu potrebbe aver avuto uno scopo cerimoniale, riecheggiando la narrazione di un’importante leggenda:
il primo uomo Inca ha lasciò l’Isola del Sole nel Lago Titicaca. Seguendo il percorso del fiume Urubamba, il proto-Inca ha sviluppato il percorso mitico che poi i pellegrini ripercorrevano viaggiando da Cuzco a Machu Picchu.
L’ultima tappa del pellegrinaggio si sarebbe conclusa salendo i gradini della Intihuatana Stone, il punto più alto delle rovine principali.

martedì 28 ottobre 2014

PERCHÈ SOGNIAMO? DALLA PSICANALISI AGLI UNIVERSI PARALLELI…

Why do we dream? From psychoanalysis to parallel universes
Почему мы мечтаем? От психоанализа к параллельных вселенных
我们为什么做梦?从精神到平行宇宙


Dormire già rappresenta, di per sè, una di quelle funzioni umane che ancora fa discutere i ricercatori. Infatti, alla domanda 'perchè dormiamo?' la scienza non ha ancora trovato una risposta convincente e condivisa. Eppure, si tratta di una funzione di fondamentale importanza, senza la quale un essere vivente potrebbe anche morire.

Sono molte le teorie che cercano di spiegare perchè l’uomo passi un terzo della sua vita dormendo.
Si è passati dal considerare il sonno alla stregua di altri adattamenti evolutivi, riconoscendogli la funzione di recupero energetico e quindi d’inattività mentale e fisica ad un’idea di sonno attivo, caratterizzato da sotto-processi indispensabili per la vita dell’essere umano.
Il sonno, insomma, è uno dei misteri della biologia. Ma a porre altri interrogativi è l’attività legata a doppio filo al sonno, cioè ‘sognare’.
I sogni hanno affascinato l’essere umano sin dall’antichità. Per i nostri antenati erano il mezzo utilizzato dagli dei per entrare in comunicazione con gli uomini. Anche nella Bibbia vengono riportati episodi in cui si narra di sogni destinati ad istruire la persona su la volontà di Dio.
Ma perchè sogniamo? A cosa servono i sogni? Anche in questo caso, sono state proposte numerose teorie, ma nessuna di esse risulta pienamente condivisa dai ricercatori. Considerando l’enorme quantità di tempo che passiamo in stato di sogno, il fatto che i ricercatori non abbiano ancora capito la funzione dei sogni può sembrare sconcertante.
Dopo essere stati oggetto di riflessione da parte di uomini religiosi e filosofi, solo di recente i sogni sono diventati oggetto di ricerca empirica e studio scientifico.
Innanzitutto, cominciamo da una domanda di base: che cosa è un sogno? Tutti noi abbiamo fatto l’esperienza sconcertante di sogni dal contenuto misterioso, composto da immagini, pensieri ed emozioni praticamente reali.
Essi possono essere straordinariamente vividi o molto vaghi, piene di emozioni gioiose, dalle quali mai vorremmo svegliarci, o da immagini spaventose che condizionano il nostro stato d’animo durante la veglia.
E come spiegare l’esperienza che in molti hanno provato del ‘sogno nel sogno’? Sognare di sognare non è così frequente, ma quando capita colpisce molto la fantasia ed il ricordo del sognatore che si sente proiettato in una profondità inconscia o in una vita parallela misteriosa.
Ricercatori come lo psichiatra e scrittore Frederik van Eeden hanno anche parlato di ‘sogni lucidi’ o ‘sogni coscienti’, per indicare un’esperienza durante la quale si può prendere coscienza del fatto di stare sognando. Il sognatore in questione, detto ‘onironauta’, può quindi, con la pratica, esplorare e modificare a piacere il proprio sogno.
Stephen LaBerge, scienziato all’università di Stanford e fondatore del Lucidity Institute, un centro di ricerca sul fenomeno dei sogni lucidi, descrive l’esperienza come “il sognare sapendo di stare sognando”.
In realtà, non esiste una definizione universalmente accettata dei sogni. In generale si osserva una forte corrispondenza con la fase REM, durante la quale un elettroencefalogramma rileva un’attività cerebrale paragonabile a quella della veglia. I sogni che siamo in grado di ricordare, non avvenuti durante la fase REM, sono a confronto più banali.
Un uomo in media sogna complessivamente per sei anni durante la sua vita(circa due ore per ogni notte). Non si conosce ancora l’area del cervello in cui hanno origine i sogni, né sappiamo se abbiano origine in una singola area o se più parti del cervello vi concorrano, né conosciamo lo scopo dei sogni per il corpo e la mente. Insomma, ci troviamo di fronte ad un enigma biologico vero e proprio.
Alcuni ricercatori sostengono che i sogni non servano a nulla di reale, mentre altri sono convinti che sognare sia una funzione fondamentale della mente, con ricadute benefiche sullo stato emotivo e fisico della persona.
Ernest Hoffman, direttore dello Sleep Disorder Center presso il Newton Wellesley Hospital di Boston, suggerisce che una possibile funzione dei sogni (anche se certamente non provata) è che questi tessano nuovo materiale nell’archivio della memoria cerebrale, in modo da ridurre l’eccitazione emotiva e contribuire all’attenuazione di ulteriori traumi e stati di stress.
Deirdre Barret, psicologa dell’Harvard University, è invece convinta che i sogni siano lo strumento di cui è dotato l’uomo per risolvere i problemi. Sognare potrebbe aiutarci a trovare soluzioni a problemi che ci affliggono durante le ore di veglia. Si tratterebbe di un’attività cerebrale simile al pensiero, ma in uno stato leggermente diverso rispetto a quando i nostri occhi sono aperti.
La Barret, per argomentare la sua teoria, ha legato il ‘sognare’ all’evoluzione: “La mia opinione è che l’evoluzione non spreca nulla. Tutte le funzioni degli esseri viventi si evolvono per uno scopo, per generare qualcosa di utile”.
Lo scopo della ricercatrice è quello di dimostrare che i sogni non sono un semplice sottoprodotto dello stato REM tipico del sonno profondo, ma il frutto di una lunghissima storia evolutiva che ha dotato i viventi di tale facoltà per uno scopo preciso.
Tuttavia, non tutti sono d’accordo con la prospettiva suggerita dalla Barret. Alcuni ricercatori si sono chiesti se l’uomo, e gli altri esseri viventi, si fossero evoluti su un pianeta perennemente illuminato, dove l’alternanza notte/giorno sarebbe stata inesistente, lo stesso avrebbero sviluppato l’esigenza del sonno e la facoltà di sognare?
Inoltre, a giudizio di molti, il sonno non sembra un attività così pratica: dall’uomo al gatto, dai rettili agli uccelli e gli insetti, trascorriamo tanta parte della nostra vita in uno stato, il sonno, durante il quale non possiamo procacciarci cibo, ne accoppiarci e quindi riprodurci; in cui rimaniamo vulnerabili agli attacchi dei predatori mentre continuiamo a consumare, comunque, una quota significativa di energie. Basti pensare che tra otto ore passate a letto in stato di veglia anziché dormendo, in termini di consumo energetico la differenza sta in un bicchiere di latte.
Infine, se come afferma la Barret il sogno è finalizzato alla soluzione di problemi che ci affliggono nelle ore di veglia, come mai su 8 ore passate a dormire, ne trascorriamo solo due nella terra dei sogni? E perché il sonno ha sede nel tronco encefalico, la parte più primitiva del cervello?

La psicoanalisi


Il padre della psicanalisi, Sigmud Freud, suggerì che i sogni possano essere una rappresentazione di desideri inconsci, pensieri e motivazioni. Secondo la sua visione della personalità, le persone sono guidate da istinti aggressivi e sessuali, normalmente repressi dalla consapevolezza cosciente.
Se questi istinti non possono essere espressi consapevolmente, Freud pensò che potessero trovare la loro strada nei sogni. Nel suo famoso libro ‘L’interpretazione dei sogni’, Freud scrisse che i sogni sono “adempimenti camuffati di desideri repressi”.
Nonostante la teoria di Freud abbia contribuito alla popolarità dell’interpretazione dei sogni, ricerche successive hanno dimostrato che il contenuto manifesto del sogno nasconde il vero significato psicologico. Tale modello, chiamato “teoria di attivazione di sintesi”, fu elaborato nel 1976 da J. Allan Hobson e Robert McCarley, secondo i quali i circuiti nel cervello si attivano durante il sonno REM, il che fa sì che alle aree del sistema limbico coinvolto nelle emozioni, sensazioni e ricordi, di diventare attive.
Il cervello sintetizza questa attività interna e tenta di dare significato a questi segnali, attività che si traduce nel ‘sognare’. Questo modello suggerisce che i sogni sono un’interpretazione personale di segnali generati dal cervello durante il sonno.
Anche se questa teoria suggerisce che i sogni siano il risultato di segnali generati internamente, Hobson è convinto che i sogni non siano privi di significato, anzi “si tratta del nostro stato di coscienza più creativo. Alcuni sogni sembrano non avere senso, eppure spesso sono davvero utili a darci nuove informazioni: sognare non è tempo sprecato”, conclude il ricercatore.

Universi paralleli


A fare un’incursione nella ‘questione onirica’ c’è anche la fisica quantistica. Alcuni scienziati si stanno progressivamente convincendo che i nostri sogni siano delle finestre che affacciano in universi paralleli, dove le cose avvengono in maniera molto diversa rispetto al nostro universo.

Considerando la possibilità che gli universi paralleli esistenti possano esistere in numero infinito, 

allora anche le possibilità dei sogni sono infinite. Nei sogni abbiamo la capacità di migrare nel ‘multiverso’ sperimentando viaggi davvero incredibili.
Mentre il mondo gira, miliardi di persone, e forse anche gli animali, fanno questi viaggi interdimensionali. Il confronto tra i modelli cerebrali tra veglia e sonno indica che il cervello non funziona in modo simile nei due stati, eppure, in entrambi i casi, siamo consapevoli e presenti a noi stessi.
In entrambi gli stati stiamo ricevendo input sensoriali, anche se nel caso dei sogni l’origine di questi dati in ingresso e degli organi coinvolti nella loro ricezione rimangono un mistero. In un articolo pubblicato qualche tempo fa sul fenomeno del Deja Vù, furono presentati i pareri di alcuni ricercatori in proposito.
Il dott. Michio Kaku, conosciuto dalla maggior parte delle persone per la sua attività di divulgatore scientifico e per le sue teorie che certamente travalicano i confini delle fisica tradizionale, ha proposto un’interessante connessione tra il fenomeno del déjà vu e l’esistenza degli universi paralleli.
Secondo il dott. Kaku, la fisica quantistica afferma che c’è la possibilità che il déjà vu sia causato dalla nostra capacità di saltare da un universo all’altro! E’ un pò come se centinaia di onde radio differenti fossero trasmesse intorno a noi da stazioni lontane.
Se siamo in possesso dello strumento giusto, una semplice radiolina, possiamo ascoltare una sola frequenza alla volta, questo perchè tutte le frequenze non sono in fase tra loro.
Ogni stazione trasmette il proprio segnale a una frequenza diversa, con un’energia diversa. Il risultato è che la radiolina può captare una sola frequenza alla volta. Allo stesso modo, nel nostro universo noi siamo sintonizzati sulla frequenza che corrisponde alla realtà fisica. Ma ci sono un numero infinito di realtà parallele che esistono attorno a noi, “trasmesse” ad una frequenza differente dalla nostra e con le quali noi non possiamo sintonizzarci.
Trasportando questa suggestiva teoria alla ‘questione onirica’, possiamo supporre che i sogni si producano quando il nostro cervello (la nostra mente) è in grado di sintonizzarsi su un differente stato quantico dell’Universo, cioè un universo parallelo?
Quando ci troviamo a sognare una situazione talmente vivida da sembrare reale, stiamo forse ‘captando’ la mente e i dati sensoriali del nostro ‘alterego parallelo’? Ed è anche possibile che un nostro alterego si sintonizzi sulla nostra mente per sognare la nostra vita?
Chissà! Possibilità del genere aprono a domande più profonde, quali ‘che cosa è la coscienza’? Essa è la più sfuggente ed eterea delle realtà che possiamo comprendere. La fisica quantistica, con il progresso degli studi, tende sempre più a staccare la coscienza dai processi chimici e fisici del cervello, fino a darle una esistenza propria (che alcuni chiamano ‘anima’) e darle la dignità di ‘struttura fondamentale dell’universo’.