The hypothesis of the genetic inheritance of the Gods: the amazing story of the human race
Гипотеза о генетической наследственности Богов: удивительная история человечества
神的基因遗传的假设:人类的神奇故事
Man mano che il progresso scientifico avanza e
nuove scoperte vengono divulgate, più si va a delineare un quadro che noi
appassionati di paleoarcheologia abbiamo da sempre teorizzato: un
intervento ‘esterno’ quale punto di partenza dell’incredibile storia del genere
umano.
Ma partiamo dall’alba della comparsa dell’Homo
Sapiens, circa 300.000 anni fa in Africa, secondo le teorie antropologiche
tradizionali. A quel tempo il precedente esemplare, l'Homo Erectus, è presente
sul pianeta già da più di un milione e mezzo di anni e possiede una capacità
cranica maggiore rispetto all'Homo Habilis.
L'Homo Erectus avrebbe avuto una
notevole somiglianza con gli esseri umani moderni, ma aveva un cervello di
dimensioni corrispondenti a circa il 75% di quello dell'Homo Sapiens. Il
modello paleoantropologico dominante descrive l’Homo Erectus inoltre come
capace di usare rudimentali strumenti.
A un certo punto avviene qualcosa di rivoluzionario, la massa cerebrale aumenta
del 30%, acquisisce capacità di articolare un linguaggio, modifica la propria
biologia ormonale, … insomma l’Erectus si evolve in Homo Sapiens e poi
successivamente circa 30.000 anni fa in Sapiens Sapiens e come descritto in
figura, attraverso una serie di fasi migratorie i Sapiens vanno a popolare
l’intero pianeta.
Ciò rappresenta una singolare unicità nel modello
evolutivo descritto nel volume “L’origine delle specie” di Darwin nel 1859 in quanto nessuna
altra specie animale presente sul pianeta ha seguito un percorso evolutivo così
rapido ed eccezionale.
Per esempio il cavallo in 55 milioni di anni ha modificato leggermente (e
sottolineo leggermente) la propria struttura fisica, il proprio volume
cerebrale e di conseguenza le proprie ‘abilità’, come può l’uomo in un periodo
dieci volte inferiore aver modificato drasticamente la propria struttura,
aumentato notevolmente il proprio volume cerebrale e di conseguenza le proprie
capacità di modificare l’ambiente esterno a proprio favore? Così come il
cavallo pensiamo a tutti gli altri primati, uguali a loro stessi da milioni di
anni – tutti eccetto l’uomo.
Precisiamo che qui non si vuole smentire o disarticolare i postulati della
teoria evolutiva Darwiniana ovvero:
1. tutti gli organismi viventi si riproducono con
un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie
potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e l'ambiente
messo loro a disposizione.
2. tra gli individui della stessa specie esiste
un'ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di
più chiari e di più scuri, e così via.
3. esiste una lotta continua per la sopravvivenza
all'interno della stessa specie e anche all'esterno. Nella lotta sopravvivono
gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle
risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo
sugli individui meno adatti.
Infatti ritengo la stessa perfettamente idonea a
illustrare l’evoluzione del 99,99% delle specie viventi sul pianeta (e non solo
sul pianeta), dai più piccoli batteri ai più grandi vertebrati. Solo non è
sufficiente da sola a spiegare il cammino evolutivo di quell’unica razza
‘anomala’ del pianeta: la razza umana.
La risposta ai dubbi che l’antropologia non è in grado di fornire ci arrivano
forse dalle più recenti ricerche sui gruppi sanguigni e sulle altrettanto
importanti scoperte in ambito genetico.
Il confronto tra il nostro genoma e quello degli scimpanzè sta rivelando quali
sono le sequenze del DNA che sono esclusive degli esseri umani. Da un articolo
di Katherine S. Pollard “Che cosa ci rende umani”, scritto per la rivista Le
Scienze dell'agosto 2009.
Lo scimpanzè è il nostro parente vivente più prossimo, con cui condividiamo
quasi il 99 per cento del DNA. Gli studi per identificare le regioni del genoma
umano che sono cambiate di più da quando gli scimpanzè e gli esseri umani si
sono separati da un antenato comune hanno contribuito a mettere in evidenza le
sequenze del DNA che ci rendono umani. I risultati hanno anche fornito
importantissime conoscenze sulle profonde differenze che separano umani e
scimpanzè, nonostante il progetto del DNA sia quasi identico. Per capire quali
sono le caratteristiche genetiche specifiche del DNA umano rispetto a quello
dello scimpanzè e degli altri primati, i ricercatori hanno decodificato il
genoma di primati molto simili all’uomo, come scimpanzé e babbuino.
La bioinformatica ha poi completato il quadro con uno studio elegantissimo:
sono state analizzate nei tre genomi (uomo, scimpanzé e babbuino) tutte le
regioni del DNA che presentano un’elevata similitudine nei mammiferi; tra
queste aree, sono state identificate quelle che differivano maggiormente tra le
tre specie.
In pratica, una regione del DNA è importante se è presente nel maggior numero
di animali; se però la sequenza del DNA di questa regione cambia in maniera
significativa tra due specie molto simili ci sono ottime probabilità che questo
cambiamento sia una delle cause della differenza tra le specie analizzate.
Al momento dell’analisi dei dati i gruppi americani responsabili della scoperta
hanno trovato qualcosa di sorprendente: ciò che ci rende umani non sono nuovi
geni comparsi nella nostra specie ma, al contrario, l’assenza di alcune
sequenze del DNA che servono a regolare l’attività genica.
I tratti di DNA che variano maggiormente nella nostra specie sono nelle
vicinanze di geni coinvolti con le funzioni del sistema nervoso centrale: la
loro assenza quindi provoca variazioni nelle funzioni cerebrali. L’altro gruppo
di geni che mostra variazioni significative è coinvolto nella segnalazione
ormonale ed, in particolare, con la funzione sessuale che evidentemente varia
in maniera significativa tra l’uomo e gli altri primati.
La variazione più interessante però è la delezione di una sequenza di DNA
vicina al gene GADD45G: questa regione è stata già da tempo correlata con
l’espansione di particolari zone del cervello. L’assenza di questa sequenza di
DNA è probabilmente la causa dell’ingrandimento di alcune aree del cervello e
quindi della comparsa di nuove funzioni neurologiche.
L'evoluzione 'stile Darwin' aggiunge sequenze e cromosomi a quelle già
esistenti per meglio adattare la specie all'ambiente. Una delezione è già di
per sè inspiegabile senza voler prendere in considerazione la possibilità di un
intervento 'esterno'.
Ma vediamo quali sono le sequenze principali che differiscono per via di
modificazioni o, appunto, di inspiegabili delezioni di materiale genetico:
Sequenza HAR1
Il gene HAR1 (da "Human Accelerated Region 1"), è una sequenza di 118
basi nel DNA umano, scoperta nel 2004-2005, che si trova nel cromosoma 20.
Il gene HAR1 non codifica per alcuna proteina nota, ma per un nuovo tipo di RNA
(simile al RNA messaggero). HAR1 è il primo esempio noto di sequenza
codificante l'RNA dove si è avuta una selezione positiva. Il gene HAR1 viene
espresso durante lo sviluppo embrionale e produce una migrazione neuronale
indispensabile allo sviluppo di un cervello veramente umano. Alcuni sostengono
che la sua velocissima evoluzione nell'essere umano (il pollo e lo scimpanzé
differiscono per due basi, l'uomo e lo scimpanzé per 18 basi) contrasti con la
teoria dell'evoluzione.
Sequenza HAR2
La sequenza HAR2 (nota anche come HACNS1), è un introne (potenziatore genico)
presente nel cromosoma 2, e costituisce il secondo sito genomico con la più
accelerata velocità di cambiamento rispetto a quella nei primati non umani.
Induce lo sviluppo dei muscoli nell'eminenza tenar (muscolo opponente del
pollice), che consente di afferrare e manipolare oggetti anche molto piccoli,
oltre a quella grande e complessa quantità di ossicini, muscoli e tendini,
presenti tra la mano e l'avambraccio, che dona alla mano una grande quantità di
gradi libertà, oltre ad una buona precisione nei movimenti.
Sequenza AMY1
Il gene AMY1 codifica per una enzima, l'amilasi salivare, che permette una
migliore digestione dell'amido. Si ipotizza l'aumento della sua prevalenza
nelle popolazioni che cominciarono a praticare l'agricoltura (avena, farro,
frumento, mais, patate, riso, segale, ecc.), e che in questo modo riuscirono a
sfruttare meglio non soltanto la terra arata, ma anche gli specifici alimenti
(graminacee) che essa produceva.
Sequenza MAD1L1
La sequenza MAD1L1, nota anche come "Mad1" (oppure come HAR3, per il
suo accelerato tasso di cambiamento rispetto al DNA delle scimmie) agisce su
proteine che permettono una più ordinata divisione del fuso mitotico,
permettendo un minor tasso di errori nella divisione cellulare, dunque una
migliore efficienza delle mitosi e delle meiosi, minore quantità di cellule da
mandare in apoptosi ed infine una maggiore durata della vita, con meno tumori e
in migliore salute.
Sequenza WNK1
Il gene WNK1 (noto anche come HAR5, presente nel braccio corto del cromosoma
12) codifica per un enzima, una tirosinasi del rene, che permette una migliore
eliminazione del potassio da parte del rene, e allo stesso tempo, per
meccanismi correlati al potenziale della membrana del neurone, consente una
maggiore sensibilità e accuratezza di localizzazione da parte dei nervi
sensitivi. Questo enzima, migliorando il "feed back" sensitivo, può
avere contribuito ad aumentare la perizia nella fabbricazione di attrezzature,
oggetti, vestiti, armi, ecc. Inoltre può aver favorito la destrezza nell'andatura,
nella lotta e la grazia nella danza.
Sequenza FOXP2
Nel 2001 venne osservato all'Università di Oxford che persone con mutazioni del
gene FOXP2 (altra sequenza genetica a cambiamento accelerato) sono incapaci di
fare movimenti facciali fini e ad alta velocità che sono tipici del linguaggio
umano. Questi pazienti mantengono inalterata la capacità di comprendere il
linguaggio, dunque il deficit è puramente nervoso-motorio, nella fase di
estrinsecazione del linguaggio. La mutazione del gene FOXP2 è condivisa dal
Homo sapiens e dall'uomo di Neanderthal, ed in base a reperti paleontologici e
ai dati di deriva genetica si può calcolare che questa mutazione sia avvenuta
circa 500.000 anni fa. Dunque non è la sola ragione del grande sviluppo.
Sulla sequenza FOXP2 e sulla possibilità di un
intervento alieno di manipolazione genetica della stessa in un lontano passato
esiste un ulteriore prova riscontrata nell’esame del DNA del teschio dello
‘Starchild’ che come molti già sanno è un reperto ritrovato intorno al 1930 da
una ragazzina di circa 13-15 anni in Messico, nel tunnel di una miniera a circa
160 km
a sud-ovest da Chihuahua e successivamente affidato allo scienziato scrittore
Lloyd Pye il quale da subito avanzò ipotesi controcorrenti sulla natura dello
stesso avanzando una possibile origine aliena.
Le notizie più recenti che arrivano da
Oltreoceano sembrano però aprire un capitolo nuovo e clamoroso. Un genetista
del Progetto Starchild sarebbe riuscito ad estrarre dall’osso un frammento del
gene FOXP2. Secondo le ultime teorie, questo gene contiene le istruzioni per
sintetizzare una proteina fondamentale per la coordinazione tra i movimenti
della bocca, gli organi di fonazione (come laringe e corde vocali) e gli
impulsi elettrici inviati dal nostro cervello. Insomma, FOXP2 è indispensabile
per lo sviluppo del linguaggio. E la sequenza trovata in Starchild non è uguale
alla nostra.
Il risultato non è ancora definitivo e deve essere ancora confermato in un
laboratorio indipendente. Ma se fosse proprio così, allora sarebbe la scoperta
più dirompente della Storia, perchè saremmo di fronte alla dimostrazione che
quella creatura non era del tutto umana o forse, non lo era per nulla. Una
prova concreta, questa volta, e non confutabile: perchè il DNA è scienza, non
opinione. Sembra che in Starchild il gene FOXP2 si differenzi dal nostro per
ben 56 coppie di base.
Tornando alle delezioni cromosomiche certamente
le delezioni genetiche possono avvenire anche in natura per: esposizione a
radiazioni, attività retro-virali, errori di trascrittura del DNA, ma in questo
caso certamente non forniscono vantaggi competitivi, anzi il più delle volte
generano deficit, sindromi e malattie genetiche.
Per questo a mio parere sono inspiegabili se le osserviamo dal punto di vista
evolutivo. A titolo esemplificativo la medicina oggi riconosce le seguenti
sindromi causate da delezioni di specifiche sequenze genetiche:
- delezione cromosoma 4 = sindrome di
Wolf-Hirschhorn
- delezione cromosoma 7 = sindrome di Williams
- delezione cromosoma 18 = ritardo mentale
e purtroppo non rappresentano miglioramenti
evolutivi, così come non sono noti casi di delezioni cromosomiche che
consentano vantaggi alla specie umana così come invece viene citato dagli studi
citati da K.Pollard.
Non dimentichiamoci poi della delezione del cromosoma y nella cui presenza il
maschio portatore risulta impossibilitato a procreare. L’impossibilità di
procreare è una caratteristica collegata all’ambito delle ibridazioni. Sappiamo
per certo che il risultato di incroci tra razze, come ad esempio il mulo,
frutto di un incrocio tra un cavallo e un asino non è in grado di generare una
propria discendenza.
Potrebbe essere la delezione del cromosoma y e la conseguente incapacità di
procreare un retaggio derivante dalla nostra condizione originale di sapiens,
quale risultato di una ibridazione tra il dna dell’homo erectus opportunamente
modificato attraverso delezioni di particolari sequenze cromosomiche, magari
con l’ausilio di tecnologia retrovirale, e DNA alieno?
Ancora una volta ci vengono in aiuto la mitologia sumera, le interpretazioni
del ricercatore indipendente Zacharia Sitchin e gli studi di mitologia accadica
W.G.Lambert e A.R.Millard, Stephanie Dalley e Benjamin R.Foster che ci
consentono oggi di potere leggere nell’epopea accadica di Athrasis “Inuma Ilu
Awilum” (traducibile in “Quando gli dei erano come gli uomini”) scritta circa
1.700 anni prima di Cristo, una precisa descrizione del momento in cui gli
Annunaki si ammutinano a causa del pesante lavoro a cui erano sottoposti sul
pianeta Terra, rendendo necessaria quella ricerca scientifica che porterà alla
creazione del genere Homo.
Ecco di seguito quanto riportato nell’antico testo sumero:
“… quando gli dei erano come gli uomini
sopportavano il lavoro e la dura fatica. La fatica degli dei era grande, il
lavoro pesante e c’era molto dolore, … per 10 periodi sopportarono le fatiche,
per 20 periodi … Eccessiva fu la loro fatica per 40 periodi,… lavoravano
duramente notte e giorno. Si lamentavano e parlavano alle spalle. Brontolavano
durante i lavori di scavo e dicevano: Incontriamo … il comandante, che ci
sollevi dal nostro pesante lavoro. Spezziamo il giogo!...”
Il giogo fu spezzato dopo che un Annunaki
promosse la seguente soluzione, sempre narrata nell’Inuma Ilu Awilum:
“…abbiamo fra di noi Ninmah, che è una
Belet-ili, una Ninti (dea della nascita). Facciamole creare un Lulu (ibrido),
facciamo che sia un Amelu (lavoratore) a sobbarcarsi le fatiche degli dei!
Facciamole creare un Lulu Amelu, che sia lui a portare il giogo…”
La narrazione prosegue con
l’identificazione nell’Abzu (l’Africa) di una creatura adatta allo
scopo, l’homo erectus, e che ciò che doveva essere fatto era “… imprimergli
l’immagine degli dei…” usando le parole dell’epopea: effettuare un innesto
genetico, se dovessimo utilizzare termini scientifici attuali.
Ma non è solo il mito sumero a descrivere un tale evento. Nella Bibbia
leggiamo:
“:..E fu così che gli Elohim dissero,
facciamo un Adamo a nostra immagine e somiglianza…” [Genesi 1,26]
Sempre gli studi incrociati tra genetica e
antropologia ci consentono di arrivare alla determinazione di dove
probabilmente è avvenuto il secondo grande salto evolutivo del genere homo: da
Sapiens a Sapiens Sapiens, circa 30-40.000 anni fa.
Sappiamo infatti che Il DNA mitocondriale, viene trasmesso per via
matrilineare, e permette di studiare a ritroso le origini, la diffusione e la
migrazione delle popolazioni umane fin dall' origine della comparsa della
nostra specie. Altrettanto i recenti studi sul DNA mitocondriale di diverse
popolazioni autoctone, prime fra tutti quelli sui nativi americani, ha fornito
scoperte sorprendenti, da sole in grado di destabilizzare l’antropologia
ortodossa.
Questi studi hanno infatti dimostrato inequivocabili legami genetici tra
popolazioni diverse, lontane e isolate al mondo come ad esempio i Baschi dei
Pirenei, i Berberi del Marocco e i nativi nordamericani Irochesi. Questi gruppi
così apparentemente diversi e divisi appartengono infatti incredibilmente al
medesimo gruppo genetico, il misterioso aplogruppo X.
Questi studi dimostrano allora migrazioni "impossibili" in piena Era
Glaciale confermando invece quanto sostenuto da Cayce, nato del 1877 e vissuto
decenni prima della stessa scoperta del DNA quando parlava proprio di quelle
popolazioni, di cui all' epoca certo non si conosceva il legame genetico e che
erano per tutti all' apparenza differenti e indipendenti, come di popolazioni
legate da legami comuni, e che le evidenze sarebbero un giorno state scoperte.
Cayce asseriva che si trattava degli ultimi rappresentati di una stirpe comune,
e cioè quella dei superstiti di Atlantide, dispersisi nei due lati dell'
Atlantico alla distruzione della loro patria.
Se poi aggiungiamo a ciò che queste popolazioni rappresentano anche una
anomalia statistica nella distribuzione dei gruppi sanguigni possiamo giungere
a una conclusione ancora più sorprendente.
E’ infatti noto in medicina la presenza di diversi gruppi sanguigni e del
fattore rhesus nel sangue degli esseri umani, derivanti da particolari unioni di
coppie genetiche e la cui osservazione è fondamentale per effettuare
trasfusioni, trapianti e altre pratiche mediche.
E’ infatti altrettanto risaputo che la capacità di donare e ricevere sangue è
strettamente correlata al gruppo sanguigno del donatore/ricevente e al suo
fattore rhesus come descritto nella tabella seguente da cui si evincono già le
seguenti particolarità:
- il portatore del sangue gruppo zero può donare
a tutti, ma può ricevere solo da altri gruppi zero
- il portatore del sangue gruppo AB può ricevere
da tutti
- sangue Rh- può ricevere solo da Rh-
Leggiamone la definizione medica
tratta da Wikipedia: “Il fattore Rh o fattore Rhesus, si riferisce alla
presenza di un antigene, in questo caso in una proteina, sulla superficie dei
globuli rossi o eritrociti. un carattere ereditario e si trasmette come
autosomico dominante. Se una persona possiede questo fattore si dice che il suo
gruppo è Rh positivo (Rh+), se invece i suoi globuli rossi non lo presentano,
il suo gruppo sanguigno viene definito Rh negativo (Rh-). Prende il nome dalla
specie di primati Macaco Rhesus, sui globuli rossi del quale fu per la prima
volta scoperta la presenza della proteina del fattore Rh”
Per cui avere un sangue RH- significa non avere questo particolare antigene. E’
importante saperlo in ambito medico in quanto un possessore di sangue RH- può
ricevere soltanto RH-.
Statisticamente il fattore RH- è presente nel 15% della popolazione mondiale
configurandosi come gruppo molto raro e ancora più raro è il gruppo sanguigno
zero negativo, presente esclusivamente nel 6% dei casi. Questo poiché gli
alleli che determinano i fenotipi descritti sono recessivi, per cui,
esemplificando al massimo, deve essere presente una coppia di alleli Rh- per
manifestare la caratteristica Rh-
Ecco allora che però nelle popolazioni di cui si parlava prima relativamente
all’aplogruppo X abbiamo una anomalia statistica in quanto:
- nei nativi sudamericani si riscontra il 100% di
sangue con il gruppo 0
- La popolazione basca è caratterizzata da un
elevata media di persone con gruppo sanguigno 0-
- In Giappone gli Ainu manifestano
caratteristiche geneticamente rare e simili a quelle portate dalle popolazioni
dell’aplogruppo X
- La concentrazione di sangue di tipo 0 è
maggiore nelle regioni che si affacciano sull'atlantico e dove sono presenti
siti megalitici
- I nazisti credevano che il gruppo sanguigno 0-
fosse il sangue degli dei
E guarda caso sono quelle stesse popolazioni che
nei loro miti cosmogonici, sono andate a descrivere un processo di creazione
delle loro civiltà da parte di divinità e un’età dell’oro precedente a un
grande cataclisma.
Coincidenze?
- Rh+, deriva da antenati 'scimmia' (homo
erectus), tanto è vero che il fattore rhesus è stato trovato nei macachi
rhesus.
- Rh-, deriva da antenati 'antichi creatori'
(Anunnaki/Elohim), tanto è vero che denota l'assenza del fattore rhesus
Forse che gli 'uomini famosi' citati nella Bibbia e i semi-dei della
mitologia classica avessero tutti il sangue RH- e che poi, nel corso dei
millenni, incrociandosi con esseri umani RH+ si sia perduto l'elemento divino
del nostro DNA?
Le abductions potrebbero assumere un altra chiave di lettura, e avere
l’obiettivo di studio da parte dei grigi della nostra biologia e della nostra
genetica per creare loro volta una razza ibrida grigio-umana che permetta loro
di acquisire quei vantaggi potenzialmente presenti nel nostro DNA per scopi a
noi sconosciuti, ma che potrebbero essere ostili e che noi per un motivo o per
un altro non siamo più oggi in grado di attivare, realizzando noi stessi
quell’ulteriore salto evolutivo in Sapiens Sapiens Sapiens, o neoticus se
preferite che ci consentirebbe di ritornare all’antica età dell’oro.
Se l’ipotesi sulle abductions rimane una mia personale ipotesi e intuizione è
invece assolutamente reale che più la scienza scopre cose nuove, più queste
nuove scoperte suffragano la tesi da me condivisa di manipolazioni genetiche in
un lontano passato.
Una possibile conclusione reale di queste ricerche è allora che il DNA alieno
non sia per sua natura caratterizzato da sequenze genetiche specifiche
determinanti la presenza di fattore RH nel sangue (RH-).
Il DNA dell'homo erectus (soggetto ibridabile) è invece caratterizzato da
sequenze genetiche determinanti la presenza di fattore RH nel sangue così come
molti altri primati (RH+)
Provvedendo a manipolazioni genetiche sull'homo erectus vengono effettuate una
serie di delezioni del genoma dell'homo erectus, tra cui anche quella sull'RH
al fine di predisporlo sulla base di quello alieno e potere così procedere
all'ibridazione genetica che produce i primi sapiens.
Ibridi che come tutti gli ibridi non possono procreare. E' solo successivamente
che viene fornita loro la capacità di procreare da parte di una fazione di
Anunnaki ben precisa, gli Enkiliti, in ciò che la Bibbia descrive come
peccato originale e conseguente cacciata dall’Eden.
Così facendo i sapiens, potendosi incrociare con i loro parenti più prossimi,
reintroducono nel patrimonio genetico umano il fattore RH+ e altri elementi
genetici dominanti su quelli ipotetici alieni, abbiamo visto recessivi, che
determinano la perdita di alcune caratteristiche 'divine' come la longevità, la
capacità di connessione con la propria area spiriutale-animica oltre che la
capacità di interagire con le energie della natura di matrice alchemica. Tutte
conoscenze invece note ai semi-dei probabilmente governatori di Atlantide e delle
sue colonie disseminate sul pianeta.