mercoledì 17 settembre 2014

Carne Rossa e Salute: i pericoli della carne rossa


Seppur con una certa variabilità nelle fonti consultate, appartengono alla categoria delle carni rosse le carni di bue, vacca, toro, pecora, cavallo, montone, bufalo e maiale adulto. La percentuale di grassi saturi varia non solo in base alla specie animale, ma anche e soprattutto in base al taglio di carne.

 I pericoli indotti dall'eccesso di carne rossa nella dieta sono direttamente proporzionali all'abuso del suo consumo. Una frequenza di due o tre porzioni di carne la settimana non dovrebbe contribuire alla patogenesi di alcuna malattia, fermo restando che l'intero regime dietetico sia equilibrato ed i metodi di cottura idonei.

 I prodotti animali, quindi anche la carne rossa, sono alimenti che contengono lipidi saturi ed apportano quantità più o meno importanti (a seconda del taglio e della porzione) di colesterolo esogeno.
Pertanto, il primo pericolo al quale fa riferimento l'abuso della carne rossa è l'alterazione della lipidemia.
Un introito eccessivo di colesterolo alimentare e di acidi grassi saturi può causare (soprattutto in soggetti sedentari e predisposti) un innalzamento diretto ed indiretto del colesterolo totale e soprattutto delle lipoproteine LDL.
Ne deriva un aumento del rischio cardio-vascolare imputabile alla formazione di placche aterosclerotiche che finiscono per occludere i vasi sanguigni. La carne rossa apporta una quantità notevole di proteine animali e da ogni porzione (200-300g) ne derivano circa 40-60g.
L'abuso del consumo di proteine animali comporta un rischio piuttosto importante di sviluppare una riduzione dell'efficienza metabolica del calcio. Pertanto, se introdotte in eccesso, le proteine animali potrebbero favorire l'insorgenza di una patologia ossea definita osteoporosi.
Tuttavia non tutti gli autori sono concordi nel ritenere la dieta iperproteica un fattore di rischio per l'osteoporosi, poiché la stessa oltre ad aumentare l'escrezione urinaria di calcio, esplica un effetto positivo sul suo assorbimento intestinale; inoltre parrebbe stimolare la secrezione di ormoni osteo-anabolici, come l'IGF-1.
In ogni caso, l'ipercalciuria associata alle diete iperproteiche può essere efficacemente compensata dalla contemporanea e generosa assunzione di alimenti alcalinizzanti (frutta e verdure fresche).
L'aumento dell'apporto amminoacidico derivante dalle proteine animali determina anche l'incremento dei livelli di azotemia, in quanto gli amminoacidi che non vengono impiegati nei processi anabolici costituiscono un substrato di trasformazione neoglucogenetica e liposintetica.
Ciò avviene negli epatociti (cellule del fegato) previa deaminazione (privazione del gruppo amminico) dei gruppi azotati dallo scheletro carbonioso. I cataboliti, che sono costituiti prevalentemente da ammonio, per essere espulsi con le urine necessitano un'ultima conversione in urea.
L'eccesso proteico della dieta favorisce l'accumulo di urea determinando un affaticamento renale continuo e persistente. In base a molti studi, questa condizione potrebbe indurre disturbi anche gravi come la nefrite cronica.
Come se non bastasse, la carne rossa è uno degli alimenti che apporta il maggior quantitativo di purine; queste derivano dal catabolismo digestivo degli acidi nucleici, che in seguito alla metabolizzazione favoriscono l'iperuricemia.
In parole povere, tra i pericoli derivanti dall'eccesso di cane rossa è presente anche il rischio di iperuricemia (gotta) e delle relative complicanze osteo-articolari (sedimento e precipitazione dei cristalli) e renali (calcolosi).
La digestione della carne rossa impegna notevolmente lo stomaco che secerne grosse quantità di acido cloridrico (HCl). L'abbassamento del PH è fondamentale per la corretta denaturazione proteica e per l'attivazione del pepsinogeno in pepsina; tuttavia, un grosso contenuto proteico determina il rallentamento dei tempi di percorrenza del chimo, a causa della lunga permanenza nel tratto gastrico.
Nei soggetti che abusano di carne rossa, soprattutto cotta in maniera prolungata ed in orari serali, l'acidosi gastrica e duodenale incrementa il rischio di incidenza di gastriti, ulcere e cancro dello stomaco.
Per lo stesso motivo, nei soggetti predisposti o affetti da incontinenza dello sfintere gastro-esofageo inferiore, si osserva un aumento dell'incidenza di reflusso gastrico che, nel lungo termine, determina esofagite, esofago di Barrett e verosimilmente cancro esofageo.
Indipendentemente dall'ammontare proteico, l'eccessivo consumo di carne rossa favorisce anche l'incremento indiretto di alcuni pericoli inerenti l'incidenza neoplastica (tumorale) dello stomaco e dell'intestino.
I residui dei nitriti impiegati nell'agricoltura e di quelli aggiunti a scopo conservante nelle carni trasformate si combinano con le ammine alimentari formando nitrosammine. Il consumo elevato e frequente di insaccati contenenti nitrati e nitriti determina l'innalzamento della combinazione in nitrosammine, che possiedono un elevatissimo potere cancerogenico a livello dello stomaco.
Tra i pericoli del consumo eccessivo di carne rossa rientrano anche quelli legati alla formazione di composti tossici derivanti dalla carbonizzazione delle proteine. Cotture particolarmente rapide ed intense (griglia e piastra) favoriscono la produzione di composti altamente tossici e cancerogeni: gli idrocarburi policiclici aromatici, dei quali il più nocivo è senz'altro il benzopirene.
Quelli derivanti dall'alimentazione colpiscono soprattutto lo stomaco, l'intestino, il fegato e la vescica.
Meno incisiva sui soggetti sani, ma determinante nei pazienti geriatrici, è l'alterazione della flora batterica intestinale.
In terza età, seppur raro, l'abuso del consumo di carne a discapito di alimenti contenenti fibre alimentari favorisce il ristagno fecale (per stipsi) e predispone lo sviluppo di microrganismi patogeni all'interno del lume intestinale.
Queste colonie saprofite determinano l'abbassamento del PH, la putrefazione fecale e l'accumulo di tossine, riducendo la flora batterica fisiologica a discapito delle sue funzioni (immunitaria e di sintesi vitaminica: vit K, vit PP e piccole quantità di vit B12).

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